giovedì 5 settembre 2013

I mille giorni di Allende (quinta e ultima parte)


Nel '72 partono le proteste più insidiose: ad agosto i commercianti al dettaglio dichiarano lo sciopero generale poi tocca ai camionisti. La scintilla è "il sospetto dell'intenzione" di creare un apparato pubblico di trasporti nella provincia di Aysen, ma sotto cova la rabbia dei ceti medi. È una battaglia campale, quella che si apre sotto la direzione di Leòn Villarin, segretario del sindacato dei trasporti. Il paese viene spezzato in due. I commercianti abbassano le serrande, i sostenitori del governo assaltano i negozi chiusi. Medici, avvocati, scuole e università scendono in sciopero; gli imprenditori proclamano la serrata. Gli operai replicano con le occupazioni. Di notte nei quartieri alti echeggia il suono delle casseruole, mentre i camioneros c Patria y Libertad, un gruppuscolo di destra, disseminano le strade di bande chiodate. Il Cile è un paese in ginocchio, come volevano gli Usa; che ottengono il risultato con poca spesa grazie al cambio nero e alla svalutazione; è la CIA a finanziare gli scioperanti, i 10 mila camionisti, con oltre un milione di dollari.

Vadano a Miami con le loro zie - recitava Pablo Neruda di fronte all'esodo dei borghesi - . Io rimango a cantare con gli operai in questa storia e geografia nuove". Occorrerebbe una forte disciplina rivoluzionaria capace di fornire un'arma al governo per raddrizzare, con una politica di austerità i conti con l'estero e riavviare gli investimenti. Invece si innesca una spirale di nuove rivendicazioni: nei primi due anni di UNIDAD POPULAR , gli scioperi aumentano del 170 per cento. Di fronte alla crisi ci vorrebbe una reazione decisa e chiara del governo. Ma qui esplodono le divisioni della coalizione tra riformisti e rivoluzionari e il dissenso insanabile tra il partito comunista e il Mir.
Il paese, intanto, sembra destinato a un assurdo muro contro muro. Nemmeno le elezioni offrono una via d'uscita: il voto per il parlamento del marzo '73 dà infatti alla coalizione di sinistra la stessa percentuale del '69. Non è abbastanza per ridare solidità al governo, ma è più che sufficiente per impedire che la destra (comunque in crescita del 4,4%) chieda la destituzione di Allende (per rimuovere il capo dello stato occorrono i voti di due terzi del congresso).
La vera novità della campagna elettorale del '73 è che essa si svolge sotto l'attenta supervisione delle forze armate. È dall'aprile '72 che un militare siede nella poltrona di ministro dell'interno. Lo ha deciso Allende di fronte ai conflitti della coalizione, paralizzata per i dissensi legati alla nomina di un ministro delle Miniere. "Qual è la situazione delle forze armate ?" chiede a bruciapelo ad Allende il presidente algerino Houari Boumedienne, durante la tappa del capo dello stato cileno verso Mosca. Lui risponde sottolineando la tradizionale neutralità politica dei generali cileni e spiega come li ha fatti entrare nel governo. Se non riuscirete ad estirpare radicalmente quanto vi è di reazionario nell'esercito - replica Boumedienne - non vedo un grande futuro per voi…".
Da maggio la situazione precipita. In una riunione a sostegno del governo di 800 ufficiali della guarnigione di Santiago, il generale Carlos Prats viene fischiato. Tra i pochi solidali con Prats c'è un generale destinato a diventare tristemente famoso: Augusto Pinochet Ugarte. Nello stesso mese Allende e costretto a dichiarare lo stato di emergenza per arginare gli scontri tra le opposte fazioni. Ma, con i militari fuori dal governo (per loro scelta) dopo il rimpasto di primavera l'autorità di Allende è oramai ai minimi. La Democrazia Cristiana ha scelto il suo nuovo segretario. È Patricio Alwin, dell'ala destra intransigente. Anche la chiesa, contraria alla riforma scolastica, si schiera contro il governo.Il 29 giugno si verifica il primo tentativo di golpe con il colonnello Souper che, a capo di un reggimento di blindati, intima la resa della guardia del palazzo della Moneda. Ma il putsch fallisce. Quando Allende arriva alla Moneda c'è solo qualche sparo isolato e, quel più conta, il numero dei generali fedeli è rassicurante. Tra loro c'è anche Augusto Pinochet che, nel suo libro, definisce questo colpo di stato una prova per esplorare la capacità di difesa del governo e lo schieramento delle forze all'interno dell'esercito. E per valutare anche quale fosse la vera popolarità del presidente che, nella stessa sera, venne fischiato dai militanti dell'estrema sinistra che vogliono chiudere il congresso.
Dopo aver formato il nuovo governo Allende assiste, il 22 agosto, alle dimissioni di Prats e di altri militari. Gli alti gradi della Marina e dell'Aviazione stanno intanto preparando il golpe. Sono loro a lanciare l'ultimatum al capo di stato maggiore dell'esercito, ovvero Pinochet: o con noi o contro. E Pinochet, scaltro, alla fine decide di impegnarsi. Quando l'11 settembre 1973 Allende prova a mettersi in contatto  con Pinochet, non risponde nessuno. "Avranno già arrestato Augusto" pare che abbia esclamato.

(estratti dall'omonimo articolo di Ugo Bertone pubblicato su STORIA ILLUSTRATA nel giugno 1999 e reperibile integralmente su http://www.ossimoro.it.)

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