sabato 31 agosto 2013

"Carretera Austral" dei Modena City Ramblers




I Modena City Ramblers ricordano il golpe con un brano particolare dedicato alla Carretera Austral, una strada di ghiaia di circa 1000 km costruita nel 1979 dal regime militare di Pinochet che parte da Puerto Monti ed arriva fino all'estremo sud patagonico del Cile. Oggi è una strada completamente inutilizzabile che serviva per spostamenti militari a salvaguardia della frontiera cileno-argentina. 
Questo è il testo:

La terra è lunga e sporca
È pietra di vulcano
Polvere levata dal vento australe
Non vedo più una strada
È una ferita d'odio
Un salto nel passato da ricordare

Balla sulla Carretera Austral
Viaggia sulla Carretera Austral
Balla sulla Carretera Austral
Balla...

Quel giorno di settembre
Ci vennero a rubare
Il seme della rosa alla Moneda
Tace il presidente
Dopo il temporale
Dopo il piombo
Su Santiago del generale

Balla sulla Carretera Austral
Viaggia sulla Carretera Austral
Balla sulla Carretera Austral
Balla...

La strada militare
È un fiume di veleno
Che porta voci lontane dalla frontiera

Da nord a Punta Arenas
Rincorro i miei pensieri
La Storia non si è fermata
Sulla Carretera

Balla sulla Carretera Austral
Viaggia sulla Carretera Austral
Balla sulla Carretera Austral
Balla...

venerdì 30 agosto 2013

La testimonianza di Leonardo Barcelo

La testimonianza di Leonardo Barcelo, uno dei "fortunati" riusciti a rifugiarsi nell'ambasciata italiana del Cile dopo il Golpe

giovedì 29 agosto 2013

Wojtila e Pinochet: quando i morti non sono tutti uguali....

Il Generale Augusto Pinochet, nato nel 1915, è passato alla storia come uno dei più disumani dittatori del Novecento, tristemente celebre per la barbara eliminazione dei suoi oppositori. Durante la sua feroce dittatura, durata dal 1973 al 1990, furono torturate, uccise e fatte barbaramente sparire almeno trentamila persone, gli uomini di Unidad Popolar, la coalizione di Allende, militanti dei partiti comunista, socialista e democristiano, accademici, professionisti, religiosi, studenti e operai.

A proposito del ruolo della chiesa cattolica romana in questa immane tragedia va detto che...
A oltre 30 anni dal golpe, la legittimazione più calorosa arrivò al dittatore Augusto Pinochet dalle stanze del Vaticano. 
18 febbraio 1993: la privatissima ricorrenza delle sue nozze d’oro viene allietata da due lettere autografe in spagnolo che esprimono amicizia e stima e portano in calce le firme di papa Wojtyla e del segretario di Stato Angelo Sodano.
«Al generale Augusto Pinochet Ugarte e alla sua distinta sposa, Signora Lucia Hiriarde Pinochet, in occasione delle loro nozze d’oro matrimoniali e come pegno di abbondanti grazie divine", scrive senza imbarazzo il Sommo Pontefice, "con grande piacere impartisco, così come ai loro figli e nipoti, una benedizione apostolica speciale. Giovanni Paolo II».
Ancor più caloroso e prodigo di apprezzamenti è il messaggio di Sodano, che era stato nunzio apostolico in Cile dal ’77 all’88, e che nell’87 aveva perorato e organizzato la visita del papa a Santiago, trascurando le accese proteste dei circoli cattolici impegnati nella difesa dei diritti umani.
Il cardinale scrive di aver ricevuto dal pontefice «il compito di far pervenire a Sua Eccellenza e alla sua distinta sposa l’autografo pontificio qui accluso, come espressione di particolare benevolenza». E aggiunge: «Sua Santità conserva il commosso ricordo del suo incontro con i membri della sua famiglia in occasione della sua straordinaria visita pastorale in Cile». E conclude, riaffermando al signor Generale "l’espressione della mia più alta e distinta considerazione".
Non esistono morti di serie A e serie B ma solo morti, la differenza è che alcuni di loro sono morti anche nella nostra memoria

da: 

mercoledì 28 agosto 2013

Per non dimenticare...

11 settembre.
Oltre 30.000 morti accertati.
Oltre 600.00 persone torturate.
Questi sono i numeri principali del 11 settembre 1973, una data troppo spesso dimenticata e poi sorpassata dalla capacità mediatica del 11 settembre 2001.

Il golpe del 11 settembre 1973 portò al potere Pinochet con l’esplicito aiuto e contributo determinante degli USA.

Alcune informazioni utili per non dimenticare
Dietro il Golpe dell’11 settembre la CIA
Uno scoop del New York Times denunciò che l’amministrazione Nixon aveva finanziato attività della Cia in Cile contro il regime di Allende.

L’8 settembre 1974, il New York Times rivelò che, secondo una testimonianza resa il 22 aprile dello stesso anno da William Colby, direttore della Cia, di fronte alla Sottocommissione dei servizi armati sull’intelligence della Camera dei rappresentanti, l’amministrazione Nixon avrebbe stanziato oltre otto milioni di dollari per le attività della Cia contro il regime del presidente Salvador Allende. Le operazioni di intervento, secondo Colby, erano state approvate in blocco dalla Commissione dei quaranta, un quadro di comando di alto livello addetto all’approvazione dei piani di sicurezza guidati da Henry Kissinger, segretario di Stato degli Stati Uniti, e furono considerate come prova schiacciante delle tecniche di sovvertimento di altri governi attraverso lo stanziamento di fondi.
Il primo presumibile coinvolgimento degli Stati Uniti contro Allende avvenne nel 1964, allorché tre milioni di dollari vennero stanziati in aiuto del Partito cristiano democratico il cui candidato alle elezioni presidenziali, Eduardo Frei Montalva, sconfisse Allende. Ulteriori somme di denaro si dice siano state finanziate negli anni seguenti, compresi cinquecentomila dollari nel 1970 donati alle forze anti-Allende prima delle elezioni presidenziali, finanziamento poi culminato nel milione di dollari stanziati, nel 1973, come parte della campagna per "destabilizzare" il regime di Allende. Nel corso di una conferenza stampa tenutasi il 16 settembre, il presidente Ford difese l’operato statunitense in Cile in quanto teso «agli interessi del popolo cileno e, sicuramente, ai nostri interessi», ma negò che gli Stati Uniti fossero stati coinvolti nel sovvertimento del regime del presidente Allende. Di seguito, affermò che gli sforzi dell’America erano tesi a «preservare i giornali e i partiti di opposizione» che, presumibilmente, il presidente Allende cercava di annientare.

Kissinger, nella testimonianza del 19 settembre resa di fronte alla commissione di inchiesta del senato sulle relazioni internazionali, ebbe a ripetere che il coinvolgimento della Cia era stato autorizzato unicamente per preservare i partiti politici e i giornali minacciati dal regime. Mentre il segretario di Stato in un’occasione precedente nel 1974 aveva affermato innanzi al Congresso: « la Cia non ha avuto nulla a che fare con il golpe, per quanto ne so e credo», un portavoce del dipartimento di Stato il 29 settembre aveva notato che Kissinger presiedeva una commissione composta da quaranta membri e che generalmente le decisioni erano prese all’unanimità.
Secondo le fonti dei servizi segreti citate in un altro articolo comparso sul New York Times il 19 settembre, gran parte del denaro autorizzato dalla Cia per attività in Cile venne usato nel 1972 e nel 1973 per sostenere gli scioperi anti-Allende, in particolare lo sciopero dei camionisti del 1972. Tuttavia, le fonti insistevano sul fatto che scopo della amministrazione Usa non era stato quello di ribaltare il governo Allende, e poneva l’accento sul fatto che la richiesta da parte della confederazione dei camionisti nell’agosto 1973, un mese prima del golpe, per un incremento dei fondi d’aiuto, era stata rifiutata dalla Commissione dei quaranta, anche se non si negava la possibilità di "futuri stanziamenti a favore del sindacato dei camionisti".
Il New York Times del 20 ottobre di nuovo pubblicò l’informazione secondo cui la Cia , sei settimane prima del golpe contro Allende, aveva cercato di finanziare il Partito nazionale di destra.
("Keesing’s Contemporary Archives", 12-18 maggio 1975)

da: www.disinformazione.it




martedì 27 agosto 2013

La perquisizione dell'Ambasciatore svedese

Dopo il Golpe molti democratici cileni tentarono di sfuggire alla cattura rifugiandosi nelle ambasciate. Questo video mostra le azioni di repressione intorno alle ambasciate e la perquisizione dell'Ambasciatore svedese.

lunedì 26 agosto 2013

ll Cile del golpista Pinochet

« In Cile non si muove una foglia senza che io lo sappia. »
(Augusto Pinochet)


Fino al 27 giugno 1974 Pinochet era semplicemente il presidente della Giunta militare, leadership che avrebbe dovuto alternarsi con quelle dei comandanti delle altre forze armate. Da quella data assume il titolo di "Capo Supremo della Nazione", poi ufficializzato in Presidente del Cile, usato soprattutto dopo il trasferimento del generale alla Moneda ricostruita, e l'apparente smilitarizzazione del governo (Pinochet cominciò ad apparire in pubblico, nelle occasioni politiche e non militari, in abiti civili anziché in divisa). Il 17 dicembre 1974 è la data ufficiale dell'insediamento come presidente della Repubblica.


La violenza e il bagno di sangue del colpo di Stato continuarono però durante l'amministrazione di Pinochet. Una volta al potere, Pinochet governò con pugno di ferro. La tortura contro i dissidenti era pratica comune, sia per avere informazioni, sia come metodo per incutere terrore, in modo che, se un oppositore fosse stato rilasciato, non avrebbe più avuto la forza di impegnarsi politicamente. Molte delle persone sequestrate, a differenza di quanto avvenne in Argentina, furono poi rilasciate dopo tempi più o meno lunghi di detenzione, ma costrette all'esilio o all'isolamento sociale e politico (come accadde al futuro scrittore e regista Luis Sepúlveda). I dissidenti assassinati per aver pubblicamente parlato contro la politica di Pinochet venivano invece definiti "scomparsi" (desaparecidos). Non si sa esattamente quanta gente sia stata uccisa dalle forze del governo e dei militari durante i diciassette anni che rimase al potere, ma la Commissione Rettig, voluta dal nuovo governo democratico, elencò ufficialmente 2.095 morti e 1.102 "scomparsi". L'ultimo computo aggiornato, presentato nell'agosto 2011 da una commissione incaricata dal governo, porta il numero totale delle vittime a 40.018.
Migliaia di cileni lasciarono il Paese per sfuggire al regime. Tranne che per la strage dell'Estadio Nacional de Chile, Pinochet tentò di insabbiare questi crimini parlando di morti in scontri di guerriglia o di esiliati, anziché di sequestri e omicidi. Pinochet sostenne anche, interrogato in Inghilterra dopo la fine del regime, di non aver mai personalmente ordinato torture, ma solo di aver usato la mano dura sul comunismo, scaricando la responsabilità delle violenze sui capi della DINA, come Manuel Contreras.
La presidenza di Pinochet era frequentemente resa instabile da sollevazioni e da isolati attacchi violenti. I tentativi di assassinio erano comuni, il che aumentò la paranoia del governo e probabilmente alimentò il ciclo dell'oppressione. La situazione in Cile raggiunse l'attenzione internazionale nel settembre 1976 quando Orlando Letelier, un ex-ambasciatore cileno negli Stati Uniti e ministro del governo Allende, fu assassinato con un'autobomba a Washington. Il generale Carlos Prats, predecessore di Pinochet come comandante dell'esercito, che si era dimesso piuttosto che sostenere le azioni contro Allende, era morto in circostanze simili a Buenos Aires, Argentina due anni prima. Nell'ottobre del 1999, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d'America declassificò una collezione di 1.100 documenti prodotti da varie agenzie degli USA che trattavano degli anni che portarono al colpo di Stato militare. Uno di questi documenti diede indicazione della scala della collaborazione degli USA con Pinochet.
L'aiuto militare USA crebbe drammaticamente tra la venuta al potere di Allende nel 1970, quando ammontava a 800.000 dollari all'anno, fino a 10,9 milioni di dollari nel 1972, quando avvenne il colpo di Stato. Il 10 di settembre del 2001, una causa fu intentata dalla famiglia del generale René Schneider, una volta capo dello staff del generale cileno, accusando il precedente Segretario di Stato Henry Kissinger di aver preparato il suo assassinio nel 1970 per essersi opposto al colpo di Stato militare. Nonostante il regime di Pinochet sia durato 17 anni, non tutti i Paesi riconobbero il nuovo Governo. L'Italia e la Svezia non riconobbero mai il cambio degli ambasciatori, e formalmente rimasero in carica quelli nominati da Salvador Allende. (Wikipedia)

domenica 25 agosto 2013

L'ultima canzone di Victor Jara

L'11 settembre 1973 Víctor Jara fu arrestato dai militari fascisti di Pinochet. La maggior parte dei prigionieri politici vennero rinchiusi nel grande Estadio Nacional; altri in un piccolo complesso sportivo (non calcistico: vi si tengono partite di pallacanestro, pallavolo e calcetto e, all'epoca, serviva anche per le riunioni di pugilato; si tratta quindi di un palazzetto dello sport) detto "Estadio Chile". Situato nella parte occidentale di Santiago, era stato inaugurato nel 1949.  Víctor Jara vi rimase e vi fu assassinato. La data della sua morte è incerta: per alcuni risale al 16 settembre, ma non si tratta probabilmente della data esatta. Con mezzi di fortuna, continuò a comporre canzoni e poesie; questa è la sua ultima.

Gli furono prima spezzate le mani in mezzo alle grida di scherno di quei militari di merda ("Su, cantaci una canzoncina ora!"), poi gli furono tagliate. Fu poi ucciso. Gli venne trovato in tasca, dalla moglie Joan Turner che era venuta a riprendere il cadavere, un foglietto con questa canzone, recante la data del 23 settembre 1973; questa è probabilmente la data della sua morte.  Lo "Stadio Chile" si chiama, dal settembre 2003, trentennale del golpe fascista e dell'assassinio di migliaia di prigionieri politici,Estadio Víctor Jara. Una canzone senza musica, sebbene Pete Seeger la abbia poi musicata e cantata in inglese. L'estremo atto di sfida di un uomo coraggioso e intelligente ai suoi stupidi aguzzini. 
(Riccardo Venturi in "Canzoni contro la guerra")

Questo è il testo del brano

Somos cinco mil aquí
en esta pequeña parte la ciudad.
Somos cinco mil.
¿Cuántos somos en total
en las ciudades y en todo el país?
Sólo aquí,
diez mil manos que siembran
y hacen andar las fábricas.
Cuánta humanidad
con hambre, frío, pánico, dolor,
presión moral, terror y locura.

Seis de los nuestros se perdieron
en el espacio de las estrellas.
Uno muerto, un golpeado como jamás creí
se podría golpear a un ser humano.
Los otros cuatro quisieron quitarse
todos los temores,
uno saltando al vacío,
otro golpeándose la cabeza contra un muro
pero todos con la mirada fija en la muerte.
¡Qué espanto produce el rostro del fascismo!
Llevan a cabo sus planes con precisión artera
sin importarles nada.
La sangre para ellos son medallas.
La matanza es un acto de heroísmo.
¿Es este el mundo que creaste, Dios mío?
¿Para esto tus siete días de asombro y de trabajo?
En estas cuatro murallas sólo existe un número
que no progresa.
Que lentamente querrá más la muerte.

Pero de pronto me golpea la consciencia
y veo esta marea sin latido
y veo el pulso de las máquinas
y los militares mostrando su rostro de matrona
llena de dulzura.
¿Y México, Cuba y el mundo?
¡Qué griten esta ignominia!
Somos diez mil manos
menos que no producen.
¿Cuántos somos en toda la patria?
La sangre del compañero Presidente
golpea más fuerte que bombas y metrallas.
Así golpeará nuestro puño nuevamente.

Canto, qué mal me sabes
cuando tengo que cantar espanto.
Espanto como el que vivo
como el que muero, espanto.
De verme entre tantos y tantos
momentos de infinito
en que el silencio y el grito
son las metas de este canto.
Lo que veo nunca vi.
Lo que he sentido y lo que siento

harán brotar el momento...

Traduzione italiana


Siamo in cinquemila, qui,
In questa piccola parte della città.
Siamo in cinquemila.
Quanti siamo, in totale,
Nelle città di tutto il paese?
Solo qui
Diecimila mani che seminano
E fanno marciare le fabbriche.
Quanta umanità
In preda alla fame, al freddo, alla paura, al dolore,
Alla pressione morale, al terrore, alla pazzia.

Sei dei nostri si son persi
Nello spazio stellare.
Uno morto, uno colpito come non avevo mai creduto
Si potesse colpire un essere umano.
Gli altri quattro hanno voluto togliersi
Tutte le paure
Uno saltando nel vuoto,
Un altro sbattendosi la testa contro un muro,
Ma tutti con lo sguardo fisso alla morte.
Che spavento fa il volto del fascismo!
Portano a termine i loro piani con precisione professionale
E non gl'importa di nulla.
Il sangue, per loro, son medaglie.
La strage è un atto di eroismo.
È questo il mondo che hai creato, mio Dio?
Per tutto questo i tuoi sette giorni di riposo e di lavoro?
Tra queste quattro mura c'è solo un numero
Che non aumenta.
Che, lentamente, vorrà ancor più la morte.

Ma all'improvviso mi colpisce la coscienza
E vedo questa marea muta
E vedo il pulsare delle macchine
E i militari che mostrano il loro volto di matrona
Pieno di dolcezza.
E il Messico, Cuba e il mondo?
Che urlino questa ignominia!
Siamo diecimila mani
In meno che producono.
Quanti saremo in tutta la patria?
Il sangue del Compagno Presidente
Colpisce più forte che le bombe e le mitraglia.
Così colpirà di nuovo il nostro pugno.

Canto, che cattivo sapore hai
Quando devo cantar la paura.
Paura come quella che vivo,
Come quella che muoio, paura.
Di vedermi fra tanti e tanti
momenti di infinito
in cui il silenzio e il grido
sono i fini di questo canto.
Ciò che ho sentito e che sento

Farà sbocciare il momento.

sabato 24 agosto 2013

SECONDO KISSINGER ALLENDE ERA "PERICOLOSO" ANCHE PER L'ITALIA

“L’esempio di un governo marxista eletto con successo in Cile avrebbe di sicuro un impatto su altre parti del mondo e costituirebbe un precedente, specialmente per Italia...” Un pericolo per l’equilibrio mondiale, quindi. Quantomeno agli occhi di un osservatore d’eccezione: Henry Kissinger, consigliere per la sicurezza nazionale di Nixon, che così presenta l’elezione di Allende in una nota preparata per il presidente americano in vista della riunione del Consiglio di Sicurezza Nazionale del 6 novembre 1970. Il memorandum, seppur desecretato nell’aprile 2002, è stato appena reso noto nell’ambito di un progetto della George Washington University. Un documento di otto pagine, datato 5 novembre, in cui Kissinger fa il punto della situazione dei rapporti tra Washington e Santiago due giorni dopo l’assunzione ufficiale dell’incarico da parte del neo-eletto presidente cilenoIl governo Usa aveva cercato nelle settimane precedenti di impedire ad Allende di insediarsi alla Moneda. Ma le manovre dell’ambasciatore Edward Korry non avevano portato a niente, con grande disappunto dell’Amministrazione. Che era quindi costretta a cercare un’altra via per sistemare la questione, in quella che poteva diventare “...la decisione di politica estera di maggior portata storica e la più difficile di quest’anno, perché ciò che succede in Cile nei prossimi sei o dodici mesi avrà ramificazioni che andranno ben oltre le relazioni cileno-statunitensi.”Partendo dall’assunto che l’elezione democratica di Allende fosse “...una delle sfide più serie che abbiamo mai affrontato in questo emisfero”, Kissinger analizza con estrema lucidità tutte le opzioni. Visto che Korry aveva mancato il primo obiettivo, era necessario correre ai ripari ed evitare che Allende si consolidasse al potere, instaurando un regime marxista in Cile e legandosi all’Urss e al blocco socialista. Ma il problema non era di facile soluzione: intervenire con forza e a volto scoperto negli affari interni di un paese indipendente per ostacolare un presidente liberamente eletto, avrebbe significato mettere a dura prova l’immagine e la retorica statunitense di paladini della libertà. D’altra parte, però, non reagire agli avvenimenti politici di Santiago poteva essere letto nel resto dell’America Latina e in Europa come segno di indifferenza o, peggio, di impotenza nei confronti di sviluppi negativi per gli interessi americani in una delle sfere d’influenza Usa.Secondo Kissinger il dilemma poteva riassumersi in due opzioni contrapposte: o aspettare, limitandosi a tutelare gli interessi americani ma lasciando il tempo ad Allende di rafforzare il proprio potere; oppure agire subito, in modo da impedire il consolidamento del regime cileno, ma scatenando con ogni probabilità reazioni negative contro gli Usa in Cile e nel resto del mondo. Kissinger non manca di sottolineare come le varie agenzie statunitensi coinvolte in decisioni di politica estera avessero opinioni opposte riguardo la via da seguire. Da un lato, gli uomini del dipartimento di Stato caldeggiavano una “strategia del modus vivendi”, convinti che il governo Usa non disponesse al momento della capacità di impedire ad Allende di consolidare il proprio potere. Dall’altro, quelli di altre agenzie, Cia in testa, spingevano per la linea dura, partendo dalla considerazione che solo agendo subito, nel momento di maggior debolezza del nuovo governo cileno, era possibile portare a casa qualche risultato. E anche in questo caso, rimaneva da scegliere tra misure di aperta ostilità – embargo, sospensione degli aiuti, campagna internazionale per screditare Allende – e una facciata di fredda ma corretta indifferenza che facesse da schermo ad operazioni sotto copertura. Dopo la lunga panoramica di pro e contro, Kissinger non nasconde il proprio pensiero. E raccomanda a Nixon di scegliere la linea dura: fare di tutto per impedire che Allende consolidi il suo potere, “...avendo cura di impacchettare questi sforzi in uno stile che dia l’idea che stiamo reagendo alle sue mosse.”In realtà le operazioni della Cia in Cile erano già in corso da anni, come ben documenta William Blum, ex funzionario del dipartimento di Stato, nel suo “Il libro nero degli Stati Uniti”. Erano iniziate negli anni Sessanta, dopo che nel 1958 solo uno scarto del 3% aveva impedito ad Allende di essere eletto presidente. Dopo la vittoria del 1970 la Cia alzò il tiro, fino a fornire un determinante aiuto nell’organizzazione del colpo di stato militare di Pinochet nel settembre del 1973. Tra i documenti desecreati ci sono anche alcune trascrizioni di incontri di staff, in cui Kissinger, già Segretario di Stato, prende posizione nei confronti delle notizie che arrivano dal Cile nei mesi successivi al golpe, riguardanti le violazioni dei diritti umani e le atrocità del regime. Assolvendole.articolo di Irene Panozzo pubblicato Giovedì 5 Febbraio 2004 su "Il Manifesto"

venerdì 23 agosto 2013

11 Settembre 1973: l’altro anniversario sulle pagine di "Rolling Stone"


11 Settembre 1973: l’altro anniversario

Il colpo di Stato in Cile: Allende, Pinochet, e la mano nascosta degli americani...

Dici “11 settembre” e tutti pensano a una sola cosa: l’immagine terribile (anche se inflazionata, resta terribile) delle Torri Gemelle in fiamme. Non c’è neanche bisogno di specificare la data completa, basta dire “11 settembre” e tutti capiscono che ci si riferisce all’anno 2001. Eppure, di 11 settembre ce ne sarebe anche un altro da ricordare, nella nostra storia recente. Parliamo dell’11 settembre del 1973. Ovvero di quello che accadde quel giorno in Cile.
L’11/9/1973, il generale Augusto Pinochet, alla guida di una parte dell’esercito, cinse d’assedio il Palazzo Presidenziale di Santiago del Cile. Attaccando via terra e bombardando dall’alto, fece uccidere Salvador Allende, eletto legittimanente a capo del governo
. Dal giorno successivo, Pinochet mise in atto una durissima repressione. I servizi segreti USA, nemici del governo socialista di Allende, erano stati informati dell’azione. L’allora Capo di Stato USA Henry Kissinger ammise addirittura pubblicamente di aver aiutato Pinochet a destituire il Presidente eletto. Immediatamente, tutte le opposizioni furono eliminate dal panorama politico e il fenomeno della “desapareción” divenne tristemente noto. Circa 30mila persone furono imprigionate e uccise, senza che di loro si potesse conservare traccia. Altre 600mila furono brutalmente torturate. La dittatura durò fino al 1990.
Quando dite 11 settembre, ricordate anche questo.
(Michele Lupi - 11 settembre 2012)

L'originale è leggibile qui: http://www.rollingstonemagazine.it/cultura/news-cultura/11-settembre-1973-laltro-anniversario/

giovedì 22 agosto 2013

Il Generale, una ballata su Pinochet scritta nel 2000 dalle insegnanti della Scuola Media Statale di Roma "Antonio Gramsci"

Il Generale

Ballata su Pinochet, scritta dalle insegnanti della Scuola Media Statale di Roma "Antonio Gramsci", nel marzo-aprile 2000, durante un corso d'aggiornamento sperimentale tenuto da Mauro Geraci.

Tutto ebbe inizio un giorno ormai lontano
quando il sogno cileno prese volto umano
di quell'Allende medico socialista
che credeva nella rivolta pacifista.

Il potere agli operai voleva dare,
giustizia e società poter cambiare,
le piaghe delle mani dolorose
curare con i petali di rose.

Ma una serpe gli cresceva in seno
che lenta iniettava il suo veleno,
Caino, generale cinico e crudele
all'uom non fece più spiegar le vele.

Capo delle forze armate nominato
da Allende chi di lui si era fidato,
ma fu tragico errore rovesciato
alla Moneda lo trovaron suicidato.

Quanti uomini torturati e uccisi,
portati via da casa e poi derisi,
furon anni di lotta e di dolore,
di esilio, sofferenza e gran timore.

Si piange sulle alture e quella pioggia
è lenta, fitta, lamentosa e grigia,
bagna Santiago e dell'uom senza valigia
lo strazio nella notte già riecheggia.

Quell'urlo di dolor non ha trovato
un luogo dove essere ascoltato
ed ogni donna dal suo amor strappato
grida giustizia per il popolo umiliato.

La Spagna e Londra avevano capito,
dev'essere estradato e poi punito,
per quell'uom senza valigia e nè ritorno
che non riuscì a vedere il nuovo giorno.

Ma il dittatore furbo e malandato
in Cile è stato infine reclamato,
adesso Lagos e il popolo cileno
ai lor doveri non posson venir meno.

Sarà un giusto processo e punizione,
il mondo attende una soluzione
che porti via al popolo i tornmenti
di tante genti ardite e valenti.

mercoledì 21 agosto 2013

Missing, Hollywood racconta del coinvolgimento della Cia nel golpe cileno del 1973.


Basato su una storia vera, vincitore a Cannes nel 1982, Missing è il primo film di Hollywood che racconta del coinvolgimento della Cia nel golpe cileno del 1973.Charles Horman (John Shea) è uno scrittore americano trasferitosi con la moglie Beth (Sissy Spacek) nel Cile democratico di Allende. Quando Pinochet sale al potere, il clima del Paese cambia e niente è più come prima. Una notte Charles viene arrestato dai soldati dell'esercito e da quel momento nessuno avrà più sue notizie. Da New York arriva il padre di Charles, Ed Horman (Jack Lemmon) per aiutare Beth nella ricerca del marito scomparso. Ed, grazie a questa ricerca disperata e frustrante, non solo scopre le atrocità e gli orrori del golpe, ma impara a conoscere attraverso gli occhi di Beth suo figlio che pensava essere molto diverso da lui e del quale non aveva mai approvato lo stile di vita.

I fatti sono narrati con un ritmo che cattura l'attenzione dello spettatore e lo rende partecipe dell'angoscia dei protagonisti. Il realismo giornalistico del film è squarciato solo per un breve momento dall'improvvisa apparizione notturna di un cavallo bianco in fuga, trasposizione onirica della disperazione del Paese.
Beth e Ed dovranno vedersela non solo con i militari cileni, ma anche con le menzogne degli ambasciatori americani raccontate in perfetto stile CIA . L'occhio del regista Costa Gavras osserva silenzioso, rispettoso sia della storia che della Storia. Il film infatti, oltre che narrare fatti storici, ha una sottotrama, quella del rapporto padre-figlio, della conoscenza attraverso la ricerca e la perdita. Le emozioni, la tensione e lo shock sono sottolineate dalle musiche di Vangelis leggere e delicate in forte contrapposizione con le immagini dei molti cadaveri all'interno dello Stadio nazionale o con la disperazione di Ed e Beth. I tasti del piano camminano ripetitivi come una dolcissima ninna nanna riuscendo a fermare le immagini del film nella nostra mente. Un film da non perdere, lucido, vero, forte. (MyMovies)

martedì 20 agosto 2013

El pueblo unido jamas sera vencido


El pueblo unido jamás será vencido (Il popolo unito non sarà mai sconfitto) è una delle più note canzoni legate al movimento Unidad Popular ed alla presidenza del Cile da parte di Salvador Allende. La canzone, composta nel 1970 da Sergio Ortega, uno dei componenti del gruppo musicale Quilapayun e famosa in Cile nei tre anni della presidenza Allende, divenne - dopo il golpe cileno che portò al potere i militari guidati da Augusto Pinochet - un simbolo della lotta per il ritorno alla democrazia tanto in Cile quanto nel resto del mondo.
Oltre al gruppo dei Quilapayun, esule in Francia negli anni della dittatura, la canzone venne cantata e incisa anche dagli Inti-Illimani, altro gruppo storico della Nueva Canción Chilena, che aveva ottenuto asilo politico in Italia.
Numerose sono state successivamente le traduzioni in altre lingue e gli arrangiamenti compiuti sul brano. 
In Iran la melodia è stata usata per una canzone rivoluzionaria in lingua persiana cantata nel 1979 durante la rivoluzione contro la monarchia dagli attivisti iraniani della sinistra e intitolata Barpakhiz (traducibile con Stai su o Resisti).
Quattro anni prima, nel 1975 il musicista Frederic Rzewski aveva composto trentasei variazioni per pianoforte del brano intitolate The People United Will Never Be Defeated!.
Molti gruppi fra cui La Banda Bassotti (El pueblo unido jamás será vencido), i 99 Posse (El pueblo unido), gli Ska-P (Estampida), gli Anti-Flag (One People, One Struggle), Mauro Sabbione (Sia pace!) i Nomadi, i Modena City Ramblers e tanti altri hanno rielaborato e fatto proprio il brano.
In alcune versioni di gruppi militanti la frase El pueblo unido jamas sera vencido è sostituita, nell'ultimo verso, con El pueblo armado jamás será aplastado (Il popolo armato non sarà mai fermato).
Nel 2011 il titolo della canzone diventa lo slogan durante di Occupy Wall Street

lunedì 19 agosto 2013

La battaglia del Cile, il film epopea di Patricio Guzmán

“La Battaglia del Cile”  è un documentario storico realizzato tra il 1972 e il 1979. Non è una somma di filmati di repertorio ma un documento realizzato nello stesso momento in cui avvenivano i fatti. Il suo autore e regista lavorò con una squadra nel mezzo degli eventi. Il materiale vergine (pellicola di l6 MM in bianco e nero) è stato donato dal documentarista francese Chris Marker e il montaggio è stato realizzato grazie alla collaborazione dell’Istituto di Cinematografia Cubano (ICAIC). Jorge Müller Silva (il cameraman del film) sequestrato dalla polizia militare di Pinochet nel novembre del 1974, è scomparso nel nulla A tutt’oggi non si conosce la sua fine. È uno dei 3.000 “desaparecidos” ancora presenti in Cile. 

Regia, produzione, sceneggiatura: Patricio Guzmán 
Direttore della fotografia e delle riprese: Jorge Müller Silva. 
Montaggio: Pedro Chaskel. 
Audio in presa diretta: Bernardo Menz. 
Casa di produzione: Equipo Tercer Año (Patricio Guzmán). 
Supporto per le riprese: 16 MM. Bianco e nero 
Supporto definitivo: 35 MM (1.85), DVD e Beta Pal.

“La Battaglia del Cile” - Prima parte: L'insurrezione della borghesia (100')
Salvador Allende mette in moto un programma di profonde trasformazioni sociali e politiche. Fin dal primo giorno la destra organizza contro di lui una serie di scioperi selvaggi mentre la Casa Bianca lo asfissia economicamente. Nonostante questo boicottaggio -- marzo del 1973 -- i partiti che appoggiano Allende ottengono il 43,3 percento dei voti. La destra capisce che i meccanismi legali non le servono più. D’ora in avanti la sua strategia sarà la strategia del colpo di stato.

“La Battaglia del Cile” - Seconda parte: Il Colpo di Stato (90')
Tra marzo e settembre del 1973, la sinistra e la destra si scontrano nelle strade, nelle fabbriche, nei tribunali, nelle università, in parlamento e attraverso i mezzi di comunicazione. La situazione diventa insostenibile. Gli Stati Uniti finanziano lo sciopero dei camionisti e fomentano il caos sociale. Allende tenta di trovare un accordo con le forze della Democrazia Cristiana, senza ottenerlo. Le stesse contraddizioni presenti all’interno della sinistra accrescono la crisi. I militari iniziano una cospirazione a Valparaiso. Un ampio settore della classe media appoggia il boicottaggio e la guerra civile. L’11 settembre Pinochet bombarda il palazzo sede del governo.

“La Battaglia del Cile” - Terza parte: Il potere popolare (80')
Accanto ai grandi avvenimenti che narrano i film precedenti succedono anche altri fenomeni originali, a volte effimeri, incompleti, che vengono raccolti nella terza parte. Numerosi settori della popolazione, e in particolare le classi popolari che appoggiano Allende, organizzano e mettono in moto una serie di azioni collettive: magazzini comunitari, cordoni industriali, comitati agricoli, ecc., con lo scopo di neutralizzare il caos e superare la crisi. Tali istituzioni, in maggior parte spontanee, rappresentano uno “stato” dentro lo Stato.

I premi ricevuti:
GRAND PRIX, Festival di Grenoble, Francia 1975. PREMIO DELLA GIURIA, Festival di Leipzig, Germania 1976. GRAND PRIX, Festival di Grenoble, Francia 1976. GRAND PRIX, Festival di Bruxelles, Belgio 1977. GRAND PRIX, Festival di Benalmadena, Spagna 1977. GRAND PRIX, Festival dell'Avana, Cuba 1979.

Chi è Patricio Guzmán?
Regista cileno. Dopo aver seguito i corsi di cinema all’Università Cattolica del Cile, si reca a Madrid per diplomarsi all’Escuela Oficial de Cinematografía. Tornato in patria dirige una serie di documentari sulla realtà sociale del paese ispirandosi alle teorie del cinema diretto e mescolando sapientemente brani di repertorio a spezzoni d’attualità come in Primer año (Il primo anno, 1971), sui primi mesi di vita del governo di Allende, e La respuesta de octubre (La risposta di ottobre, 1972), inchiesta sul mondo operaio. Nel 1973 inizia a girare La batalla del Chile (La battaglia del Cile) ma dopo il colpo di stato del generale Pinochet è costretto a emigrare a Cuba dove riprende a lavorare al film ampliandolo in tre parti: La insurrección de la burguesía (L’insurrezione della borghesia, 1975), El golpe de estado (Il colpo di stato, 1976), e El poder popular (Il potere popolare, 1979) trasformandolo così in un vero e proprio documento sulle cause del golpe. Nel 1980 si trasferisce in Spagna e continua a girare documentari, tra i quali ricordiamo per lo spirito di denuncia che li contraddistingue En nombre de Dios (In nome di Dio, 1987), La cruz del Sur (La croce del sud, 1992) e Chile, la memoria obstinada (Cile, la memoria ostinata, 1997).

domenica 18 agosto 2013

Pinochet e l'Italia. Un'intervista a Italo Moretti del 2006

Nel cimitero di Santiago del Cile si scopre che molte delle umili tombe contengono ognuna i resti di due, anche tre vittime della repressione. “Avete visto come si economizzava!” commentò Augusto Pinochet Ugarte nel 1991. Oggi, che il generale 91enne, nonchè senatore a vita, dopo esser stato colpito da un infarto al miocardio è morto, si discute se Pinochet abbia diritto o meno ai funerali di Stato in Cile. L’ex dittatore, accusato di gravi violazioni dei diritti umani nel suo paese (ma gli eran stati revocati gli arresti domiciliari dalla Corte d’Appello di Santiago), non essendo ancora stato processato, avrebbe perciò diritto ai funerali di Stato come ex presidente della Repubblica.
Michelle Bachelet, presidente del Cile, che fu arrestata e torturata sotto il regime Pinochet, ha finora evitato di esprimersi pubblicamente sulla questione. Comunque, un anno fa, in campagna elettorale, la Bachelet aveva dichiarato che un omaggio solenne all’ex dittatore avrebbe “violentato la coscienza dei cileni”. Ora la faccenda, come si dice, è una vera gatta da pelare, anche perchè in Cile Pinochet gode di larghe fasce di sostenitori, non solo negli ambienti militari, che chiedono a gran voce funerali in pompa magna, nonostante il giudizio che noi possiamo dare su di lui.
Abbiamo chiesto a Italo Moretti, inviato della Rai in Sudamerica e successivamente direttore del TgTre, di offrirci un ritratto dell’uomo che con il golpe dell’11 settembre 1973 diede il via, dopo il suicidio di Salvador Allende (la Moneda viene incendiata alle ore 13.30, un’ora dopo Allende, rifiutando la resa, era già morto), alla feroce repressione di chiunque fosse in odor di comunismo. Tra i più ricercati, gli esponenti del Mir, l’estrema sinistra rivoluzionaria che contestava il governo Allende.
I ricordi di Moretti, naturalmente, hanno il valore di una lunghissima pagina di storia contemporanea che, con la scomparsa del dittatore, può essere riletta.
“C’è un particolare antefatto da ricordare per tentare di ricostruire la personalità di Augusto Pinochet”, inizia a raccontare Italo Moretti. “Nel 1948 Pinochet era un capitano dell’esercito, mentre Allende era un senatore socialista. Il capitano Pinochet comandava il campo di Pisagua, una caletta sul Pacifico dove il deserto di Atacama si inoltra fino al confine col Perù. Una delegazione di parlamentari di sinistra, cui partecipava Salvador Allende, era venuta a visitare dei prigionieri politici quando fu fermata dai Carabineros a un posto di blocco. “Di qui non si passa – intimò Pinochet -. Se non ve ne andate, ordino di aprire il fuoco”. Venticinque anni dopo Allende affida proprio al generale Pinochet (non ricordando più di averlo già conosciuto nel lontano episodio di Pisagua) la guida dell’esercito”. Ma occorre aggiungere che anche la Dina, i servizi segreti cileni, dipendevano da lui.
La nomina di Pinochet a capo dell’esercito è suggerita ad Allende dal generale Carlos Prats, militare generoso e leale, che si è appena dimesso dalla carica di comandante in capo e ministro della Difesa. Non appena assunto il comando Pinochet scrive una lettera a Prats, suo ex superiore, “l’immutabile affetto e la stima profonda” che prova per lui. Il 15 settembre 1973, quattro giorni dopo il golpe ordito da Pinochet, Prats e la moglie si rifugiano a Buenos Aires, in Argentina, dove il 30 settembre vengono assassinati dai servizi segreti cileni della Dina, su ordine di Augusto Pinochet.
La Dina compie o coordina molte altre esecuzioni, anche fuori dal Cile.
Una di queste avviene a Roma dove si era rifugiato Bernardo Leighton, dirigente della Dc cilena. La sera del 6 ottobre del 1975, a Roma, in via Aurelia, Leighton viene colpito in fronte da un proiettile (sopravviverà semiparalizzato e disabile nel parlare). Viene ferita anche sua moglie (costretta sulla sedia a rotelle). L’attentato è predisposto dal capo della Dina, Contreras, che aveva contattato l’estremista di destra italiano Stefano Delle Chiaie (appartenente ad Avanguardia Nazionale), il quale risultò aver vissuto a Santiago coperto dal nome “Alfa”. La magistratura italiana apre un’indagine. Ne risulteranno coinvolti Delle Chiaie e Pier Luigi Concutelli (entrambi assolti per insufficienza di prove), Contreras (condannato a 22 anni), il sicario americano Michael Townley e Eduardo Iturriaga della Dina (condannati a 20 anni).
Ma perchè Italo Moretti, che pure ha potuto entrare e uscire dal Cile molte volte sotto la dittatura, a un certo punto venne messo alla porta?
La goccia che fa traboccare il vaso fu il servizio televisivo sui Carabineros del dicembre del 1984. S’intitolava “Le due facce delle Ande” ed era andato in onda per un’ora per TgDue Dossier. L’intervistato è un gesuita, Renato Hieva, che spiega quanto sia cambiato l’atteggiamento dei Carabineros, prima rispettati dal popolo quali difensori dei diritti umani, e poi divenuti violenti e assassini per conto di Pinochet.
Alla testimonianza del gesuita per il servizio Moretti fa seguire il suo personale commento: “I Carabineros scatenano la loro aggressività su inermi abitanti delle borgate, sui bambini, lanciano bombe lacrimogene, sparano, uccidono. Violentano ragazzine, com’è successo a Luisa Sara, nel I Commissariato di Santiago. Torturano, massacrano. Negli ultimi mesi, la Vicaria de la Solidaridad ha denunciato che trentadue persone sono state assassinate dai Carabineros”.
Ronald Geiger, incaricato d’affari dell’Ambasciata del Cile in Italia invia un telegramma al direttore del TgDue. Nel telegramma si deplora il servizio di Italo Moretti, ritenuto “disgustoso”, nonchè il linguaggio del giornalista, definito “procace”, e ci si rammarica di “aver concesso al giornalista facilitazioni perchè svolgesse il suo compito in Cile”. In seguito, anche il Ministero degli Esteri comunica alla Rai che Moretti non otterrà più il permesso di lavorare in Cile (dove si recò ancora, ma col solo visto turistico).
Ma torniamo al racconto di Moretti dall’inizio della storia del golpe militare di Pinochet.
L’aereo atterra la notte del 18 settembre 1973 a Los Cerrillos, l’aeroporto militare di Santiago del Cile. Italo Moretti, allora inviato del giornale radio Rai, raggiunge nella mattinata del 19 settembre il centro città mentre un altoparlante, a nome dei Carabineros, ammonisce di rispettare il codice della strada. “Il semaforo è rosso, nessuno può attraversare”, si ripete con enfasi dall’altoparlante.
Il coprifuoco è finito e a una settimana dal colpo di Stato si è ripreso a lavorare anche nelle fabbriche, dove le retate dell’esercito sono state le più violente. Nella zona industriale di Vicuna Mackenna i soldati svuotarono gli stabilimenti e riempirono il viale di uomini e donne stesi a terra con la faccia in giù e le mani sulla nuca. Dopo un turbinio di manganellate, tutti furono trasportati allo stadio Chile, già trasformato con lo stadio nazionale, a campo di concentramento, di tortura e di morte. La repressione militare è stata compiuta allo scoperto. Ostentata addirittura. Le acque del fiume Mapocho restituiscono i cadaveri sfigurati di decine e decine di vittime della violenza.
Per trasmettere i servizi radiofonici Moretti deve avvalersi della strumentazione di una radio cilena, sorvegliata 24 ore su 24 dai militari, ma aiutato dal tecnico del suono della Rai Francesco Durante, riesce a inviare le sue cronache a Roma mettendo il registratore vicino al ricevitore del telefono. I tribunali di guerra di Pinochet sentenziano pene capitali che vengono eseguite immediatamente. C’è perfino un elicottero della morte con a bordo un generale, Arellano Stark, che ha ricevuto direttamente da Pinochet l’ordine di sterminare contadini, operai, commercianti, giornalisti, studenti, impiegati, insegnanti e militanti socialisti o comunisti. Ogni visita di Stark, dove si posa l’elicottero, si conclude con una fucilazione di massa.
Le porte dello stadio nazionale vengono aperte alla stampa che ha raggiunto Santiago da tutto il mondo. Sebbene il tempo della visita sia limitato a trenta minuti, i reporter possono vedere e fotografare migliaia di prigionieri stipati negli spalti e tenuti dietro le reti metalliche. “Hay mas gente adentro” gridano in coro. Le foto di quella scena fanno il giro della Terra, mentre per dare un giudizio politico ci vorrà un po’ più di tempo: l’orrore e l’emozione prende il sopravvento sul ragionamento.
Anche a Italo Moretti sembra prioritario comunicare a Roma quel che ha visto, in più così tanto ostentato, ma poi si iniziano ad analizzare i tre anni precedenti al golpe, a cominciare dal risicato successo elettorale di Unità Popolare (coalizione catto-comunista che sosteneva Salvator Allende) nel 1970 (solo il 36,3 per cento delle preferenze), gli errori commessi dai partiti del governo di sinistra e l’irresponsabile comportamento del Partito dell’estrema sinistra (Mir) e anche di alcuni settori del Partito socialista.
Tuttavia, nonostante i tanti errori politici, esiste in Cile soprattutto il Plan Condor, attuato dalla Cia per conto del governo Nixon degli Stati Uniti (il segretario di Stato è Kissinger, il capo della Cia è Richard Helms).
La repressione e le fucilazioni di massa sono giustificate dalla Cia al Dipartimento di Stato quali “esecuzioni capitali secondo la legge marziale instaurata dalle autorità cilene” che devono “scoraggiare qualsiasi proposito di resistenza armata”.
Non ci sarebbe voluta molta immaginazione per collegare l’ascesa di Pinochet al sostegno di governi stranieri nemici dichiarati del comunismo, soprattutto se considerato pericoloso avercelo “nel cortile di casa”. Infatti, nel dicembre del 1973, lo stesso Pinochet dichiara alla Reuters che le prime riunioni segrete per preparare il golpe si erano svolte nel 1972.
Il 1° febbraio del 1999 l’amministrazione americana Clinton toglie il vincolo del segreto ai fascicoli del Rapporto Church e vengono diffusi dal National Security Archive i primi 5.800 documenti liberati dal veto. Peter Kornbluh, direttore del National Security Archive, dichiara: “Il materiale svincolato permetterà di porre in una luce più chiara i delitti ordinati da Pinochet e le implicazioni del governo nordamericano nell’appoggio dato alla dittatura”.
Passano gli anni e il regime di Pinochet - continua a narrare Italo Moretti – comincia a segnare una evidente flessione. Le proteste popolari si trasferiscono dalle baraccopoli al centro di Santiago. Sebbene limitatamente (fallisce il tentativo di organizzare uno sciopero generale) i sindacati hanno ripreso a lavorare, così come alcuni partiti democratici. Per fronteggiare il calo di terrore provocato dal suo regime, il 6 novembre del 1984 Pinochet proclama lo stato d’assedio. A quel punto, però, si apre un conflitto fra dittatura e Chiesa cattolica: il numero di sacerdoti imprigionati e uccisi è via via divenuto troppo elevato.
Il 1° aprile del 1987 Moretti viaggia a bordo dell’aereo decollato da Montevideo con Papa Giovanni Paolo II che si reca in visita a Santiago. La domanda del giornalista “in volo” è secca: “Santità, il Cile è dominato da un dittatore che si professa cattolico. Molti cattolici cileni temono che il regime possa trarre vantaggio da questo suo viaggio”. E Papa Wojtyla risponde: “La differenza fra regimi autoritari come quello del Cile e regimi totalitari, come quello polacco, è che i regimi autoritari sono reversibili, al contrario di quelli totalitari che sono irreversibili”. La dichiarazione del Papa viene riprese dalle agenzie di stampa mondiali, meno che da quelle cilene.
E’ nella notte del 5 ottobre 1988 che si consuma la sconfitta politica presidenziale di Pinochet che aveva chiesto con un referendum di restare in carica fino al 1997. Vince il NO con il 54,7 per cento (fronte capitanato dal centro-destra della Dc cilena, che candida Patricio Aylwin, e dal Partito socialista, che ha fra i suoi esponenti Ricardo Lagos), ma Pinochet potrà restare alla guida dell’esercito: glielo garantisce una norma costituzionale fatta apportare da lui stesso nel 1980. Il presidente è furibondo, disorientato, non si aspettava assolutamente di essere sconfitto.
Che cosa gli era sfuggito? Probabilmente non si era accorto che il Cile nei quindici anni della sua dittatura era cambiato, l’idea di vivere perennemente in un conflitto senza risoluzione aveva da un lato fatto risorgere alcune reazioni (Pinochet scampa all’attentato con i bazooka del 7 settembre 1986 del Fronte di estrema sinistra Manuel Rodriguez) e dall’altro lato aveva infiacchito i suoi uomini. Gli Stati Uniti, poi, non lo sostenevano più e avevano deciso d’isolarlo (era subentrata l’amministrazione Reagan). Pinochet, allora, dichiara ai media: “Sono l’ultimo anticomunista del mondo perchè il marxismo si è infiltrato anche nella Casa Bianca”.
Il 10 marzo del1990 Pinochet fa il suo ultimo pranzo da presidente alla Moneda. Al commiato sa solo dire: “Provo una gran pena”. In tv si vede il passaggio dei poteri con l’ex dittatore che se ne va scortato da un plotone a cavallo. Pinochet procede lentamente, benchè si odano levarsi grida come “assassino” e si lancino monetine. Tutto il Cile è incollato al televisore per piangere di gioia o di dolore. Dal giorno dopo, l’11 marzo 1990, alla tv nazionale cilena Canal 7 tornano a lavorare registi e giornalisti che per 16 anni e sei mesi erano stati pesantemente discriminati o allontanati.
Il 5 dicembre 1991 l’ambasciatore americano in Cile rivela al presidente Aylwin che i militari cileni han venduto armi alla Croazia, rompendo l’embargo fissato dall’Onu. Il mediatore dell’affare, per 3 milioni di dollari, è Augusto Pinochet Iriart, il figlio primogenito dell’ex dittatore. “Dicono che abbiamo violato la Costituzione?”, risponde alle domande della stampa Pinochet. “E va bene, l’abbiamo violata. E adesso basta”.
Il 16 ottobre del 1998, a Londra, gli agenti di Scotland Yard consegnano al generale Augusto Pinochet, ricoverato in una clinica, il mandato di arresto emesso su richiesta del giudice spagnolo Baltazar Garzón per i crimini commessi in Cile e anche fuori dal Cile.
Santiago, però – come sempre - si spacca in due. C’è chi si sdegna e protesta pubblicamente, c’è chi invece esulta e invoca giustizia. I servizi televisivi suscitano sorpresa e interrogativi, soprattutto in Europa, anche perchè da anni del Cile non si parlava quasi più.
Pinochet rimane agli arresti domiciliari a Londra per 503 giorni (il governo Blair nega a Garzón l’estradizione in Spagna; sulla stessa posizione, cioè dalla parte del Cile, si schiera anche l’Italia). Il 3 marzo del 2000 l’ex tiranno atterra a Santiago in carrozzella, con uno stuolo di medici al seguito. Si diceva che non riconoscesse i familiari e che muovesse a stento le gambe. Quando vede ad attenderlo all’aeroporto il comandante dell’esercito Ricardo Izurieta abbandona la carrozzella e gli va incontro in modo impeccabile, senza nemmeno il sostegno di un bastone. Si abbracciano. Pinochet ha 85 anni e, come si vede in televisione, non è nè demente, nè sordo, nè afono, nè semiparalizzato.
“In quel periodo venivo invitato a dibattiti pubblici e televisivi – ricorda Italo Moretti – e notavo che le mie parole suscitavano autentico stupore. Per esempio quando dicevo che per il governo cileno di centro-sinistra la richiesta d’arresto e d’estradizione di Pinochet aveva causato un gran allarmismo. Il centro-sinistra cileno avrebbe piuttosto voluto un rientro in patria del vecchio tiranno”.
Con un elicottero militare SuperPuma SA 300 l’ex dittatore viene trasportato dall’aeroporto di Santiago all’Ospedale Militare di Providencia, in uno dei quartieri più chic della capitale. Alle 7 di sera la degenza è già finita e Pinochet raggiunge casa sua, a La Dehesa.
Su La Tercera del 3 marzo del 2000, in un articolo di Ascanio Cavallo, si legge: “Pinochet torna sconfitto, sapendo che non potrà più uscire dal Cile. Il suo potere si era estinto quando lasciò il comando dell’esercito. L’hanno arrestato solo perchè non vestiva più l’uniforme”.
Un caso, quello di Pinochet, che non si può certo chiudere con la sua morte, sebbene le conseguenze della verità, quando venisse tutta a galla, sono pur sempre spaventose.
da Indymedia

sabato 17 agosto 2013

Santiago del Cile, padre tuo figlio dov'è?


La canzone "Santiago" fu ispirata ai Litfiba dalla visita di papa Giovanni Paolo II in Cile durante la dittatura di Pinochet (nel 1987) e dal film Missing di Costa Gravas. Racconta l'arrivo del pontefice accompagnato da mille speranze e poi la delusione nel vedere lui e il dittatore che salutano la folla dal balcone mentre la polizia che carica i dimostranti. L'organizzatore della visita fu l'allora nunzio apostolico in Cile e poi segretario di Stato card. Angelo Sodano, legato al dittatore cileno da una lunga amicizia.
Questo è il testo del brano:

E spera e spera, un uomo arriverà
L'immagino in strada, nei cortei, fra noi
Aver paura, piangere
Cercare i figli morti per lui
E l'uomo in bianco scese dal cielo
Ma era al di là delle barricate
E l'uomo in bianco vide la morte
Ma era di là dalle barricate
Santiago del Cile
Padre, tuo figlio dov'è?
Santiago del Cile
Io no lo vedo più
Natale di sangue
No, non lo scorderò
E spera e spera, il Papa arriverà
L'immagino in strada, nei cortei, fra noi
Gridare forte, combattere
Sacrificarsi per chi crede in lui
E l'uomo in bianco scese dal cielo
Ma era al di là delle barricate
E l'uomo in bianco vide la muerte
Ma era al di là delle barricate
E dittature e religione
Fanno l'orgia sul balcone
E dittatura e religione fanno l'orgia
Santiago del Cile
Padre, tuo figlio dov'è?
Santiago del Cile
Io no lo vedo più
Natale di sangue
No, non lo scorderò
Vangelo, pistola
Dimmi la pace qual' è?

venerdì 16 agosto 2013

Codice 215: Valparaiso non risponde

Un film di Helvio Soto. Con Bibi Andersson, Jean-Louis Trintignant, Riccardo Cucciolla, Annie Girardot.  

Titolo originale "Il pleut sur Santiago"-  1975.


11 settembre 1973: mentre Santiago del Cile ancora è addormentata la flotta militare cilena attacca Valparaiso. È l'inizio del colpo di Stato contro il governo del presidente Salvador Allende. 
Informato dell'accaduto il presidente rimane con fiducia nel palazzo della "Moneda" mentre il generale Pinochet, capo dei rivoltosi, si appresta ad usare le armi. 
Mentre studenti e operai attendono nelle fabbriche e nelle scuole l'evolversi degli eventi, i soldati fanno irruzione alla "Moneda" dove Allende trova la morte. Dopo la fine del Presidente i carri armati presidiano le strade di Santiago, e la mattanza  inizia con sommari processi ed esecuzioni degli oppositori.

mercoledì 14 agosto 2013

Machuca, un film del 2004 che legge la società cilena alla vigilia del golpe


Machuca
Un film di Andrés Wood. Con Matías Quer, Ariel Mateluna, Manuela Martelli, Federico Luppi, Aline Küppenheim, Ernesto Malbran 2004.

Il film, ambientato a Santiago del Cile,  racconta la storia di due ragazzi di undici anni, Gonzalo Infante, proveniente da una famiglia benestante, e Pedro Machuca, nato in una famiglia povera che vive in una baraccopoli ai bordi della città. L'incontro tra i due nasce alla scuola che entrambi si trovano a frequentare perchè padre McEnroe il preside che crede nel diritto allo studio per tutti aggiunge alla classe di Gonzalo alcuni ragazzi dei quartieri poveri. Inizialmente il rapporto tra i due protagonisti è buono e Gonzalo vive in maniera spensierata quell'aggregazione sociale osteggiata invece nell'ambiente da cui proviene. Ben presto però il processo di integrazione scolastica va in crisi prima per l'opposizione dei genitori abbienti e poi anche tra gli alunni che tendono ad emarginare gli studenti più poveri. Su tutto arriva poi il colpo di stato di Pinochet che culmina con l'uccisione del Presidente della Repubblica democraticamente eletto Salvador Allende.

È stato premiato a: Festival di Vancouver, Festival di Bruxelles, Festival di Bogotà, Festival di Lima, Festival di Quito, Festival di Viña del Mar, Festival di Valdivia e presentato al Festival di Cannes 2004 nella Quinzaine des Réalisateurs.

Altre notizie su: http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=35381

martedì 13 agosto 2013

Léo Ferré dedica una bellissima canzone ad Allende


Nel 1977 anche Léo Ferré dedica una canzone a Salvador Allende. "Voglio risvegliare Allende", dice e scrive soltanto il testo, affidandone la musica a Jean Ferrat.

Allende
Ne plus écrire enfin attendre le signal
Celui qui sonnera doublé de mille octaves
Quand passeront au vert les morales suaves
Quand le Bien peignera la crinière du Mal

Quand les bêtes sauront qu'on les met dans des plats
Quand les femmes mettront leur sang à la fenêtre
Et hissant leur calice à hauteur de leur maître
Quand elles diront: "Bois en mémoire de moi"

Quand les oiseaux septembre iront chasser les cons
Quand les mecs cravatés respireront quand même
Et qu'il se chantera dedans les hachélèmes
La messe du granit sur un autel béton

Quand les voteurs votant se mettront tous d'accord
Sur une idée sur rien pour que l'horreur se taise
Même si pour la rime on sort la Marseillaise
Avec un foulard rouge et des gants de chez Dior

Alors nous irons réveiller
Allende Allende Allende Allende

Quand il y aura des mots plus forts que les canons
Ceux qui tonnent déjà dans nos mémoires brèves
Quand les tyrans tireurs tireront sur nos rêves
Parce que de nos rêves lèvera la moisson

Quand les tueurs gagés crèveront dans la soie
Qu'ils soient Président ci ou Général de ça
Quand les voix socialistes chanteront leur partie
En mesure et partant vers d'autres galaxies

Quand les amants cassés se casseront vraiment
Vers l'ailleurs d'autre part enfin et puis comment
Quand la fureur de vivre aura battu son temps
Quand l'hiver de travers se croira au printemps

Quand de ce Capital qu'on prend toujours pour Marx
On ne parlera plus que pour l'honneur du titre
Quand le Pape prendra ses évêques à la mitre
En leur disant: "Porno latin ou non je taxe"

Quand la rumeur du temps cessera pour de bon
Quand le bleu relatif de la mer pâlira
Quand le temps relatif aussi s'évadera
De cette équation triste où le tiennent des cons
Qu'ils soient mathématiques avec Nobel ou non
C'est alors c'est alors que nous réveillerons

Allende Allende Allende Allende...

Versione italiana di Riccardo Venturi pubblicata nel sito http://www.antiwarsongs.org
il 21 novembre 2004

Allende

Non più scrivere infine, attendere il segnale,
quello che risuonerà più alto di mille ottave
quando passeranno col verde le morali soavi,
quando il Bene pettinerà la criniera del Male

Quando le bestie sapranno che le si mette nei piatti
quando le donne metteranno il loro sangue alla finestra
e levando il calice in onore del loro maestro
diranno allora: "Bevi in memoria di me"

E gli uccelli di settembre andranno a caccia di stronzi,
e gli impiccati respireranno lo stesso
e quando si canterà nei casermoni popolari
la messa del granito su un altare di cemento

Quando i votanti, votando, si metteranno d'accordo
su un'idea, su un niente per far tacere l'orrore
anche se, per la rima, si tira fuori la Marsigliese [*]
con un foulard rosso al collo e dei guanti di Dior

Allora andremo a svegliare
Allende Allende Allende Allende

Quando ci saranno dei morti più forti dei cannoni
quelli che già tuonano nelle nostre brevi memorie
quando i tiranni tiratori tireranno sui nostri sogni
perché dei nostri sogni s'innalzerà la messe

Quando i killer pignorati creperanno nella seta
che siano un presidente di qui o un generale di là,
quando le voci socialiste canteranno la loro parte
in grado di partire, e partendo, verso altre galassie

Quando gli amanti scappati scapperanno davvero
verso l'altrove, da un'altra parte infine e poi come
quando il furore di vivere avrà suonato la sua ora
quando l'inverno di traverso si crederà in primavera

Quando di quel Capitale che si prende sempre per Marx
non si parlerà più che per via del titolo
quando il Papa prenderà i suoi vescovi per la mitra
dicendo loro: "Pornolatino o no, io rubo"

Quando il rumore del tempo cesserà per davvero
quando l'azzurro relativo del mare impallidirà
quando anche il tempo relativo evaderà
da questa triste equazione dove lo tengono degli stronzi
che siano dei matematici col premio Nobel o no
sarà allora sarà allora che lo sveglieremo.

lunedì 12 agosto 2013

Anche Neruda venne ucciso da Pinochet! Cercate l'assassino!


La salma del poeta Pablo Neruda, morto in un ospedale di Santiago del Cile poco dopo il golpe di Pinochet è stata riesumata dopo 40 anni dalla morte, l' 8 aprile con l'obiettivo di chiarire il mistero sulla sua morte, se avvenuta per cause naturali o se Neruda è stato ucciso. Lo ha disposto il Giudice cileno Mario Carroza nell'ambito dell'inchiesta basata sulle accuse di Manuel Araya, autista del poeta secondo il quale il grande poeta fu ucciso con un'iniezione letale durante il ricovero nell'ospedale di Santiago. L'ipotesi è stata per il momento smentita dal referto sugli esami radiologici e istologici effettuati sulla salma nei quali si evidenzia, come era noto già all'epoca, lo stato molto avanzato del suo tumore alla prostata. Per una prova definitiva si attende l'esito delle analisi tossicologiche ancora in corso presso i laboratori dell'Università della North Carolina, negli Stati Uniti. I sostenitori della tesi dell'assassinio, basandosi sulle testimonianze dell'epoca, affermano che Neruda non era in fin di vita, nonostante fosse gravemente malato, e che Pinochet avrebbe ordinato a un sicario, un agente segreto della CIA collegato anche ad ambienti del neofascismo, Michael Townley, di accelerarne la morte con una non ben definita "iniezione allo stomaco" (secondo le parole di Neruda stesso all'autista, che raccontò che un medico era entrato e gli aveva praticato l'iniezione; il giorno dopo le sue condizioni peggiorarono improvvisamente e morì, prima della partenza per il nuovo esilio), per evitare che diventasse un leader dell'opposizione all'estero. Il giudice Carroza ha ordinato, sempre nel 2013, di rintracciare ed identificare il presunto killer di Neruda.

sabato 10 agosto 2013

BERLINGUER. I PENSIERI LUNGHI. (Allende e Pasolini)


Berlinguer, Pasolini e Allende nello spettacolo "Berlinguer, i pensieri lunghi"
Prodotto dal Teatro dell’Archivolto in collaborazione con lo Stabile di Genova, lo spettacolo è costruito in forma di monologo, per l’interpretazione di Eugenio Allegri. Berlinguer. I pensieri lunghi è un racconto teatrale che utilizza anche le parole e le riflessioni di alcuni grandi intellettuali del Novecento: da Gramsci a Pasolini, da Saramago ad Allende. Un viaggio nella storia italiana che non vuol essere né biografico né celebrativo, ma si propone di narrare uno spaccato della realtà nazionale degli ultimi decenni, con le sue contraddizioni e utopie, tragedie e speranze, anche rimozioni; disegnando un’epoca dove fedi e ideologie sembravano ancora possibili. 
Drammaturgia e regia Giorgio Gallione
Teatro dell’Archivolto in collaborazione con Teatro Stabile di Genova

La Famiglia Rossi - È Morto Pinochet!



La Famiglia Rossi è un gruppo musicale italiano, nato da un'idea di Vito e Carlo Rossi a Bergamo, attivo dal 1993, che propone un repertorio musicale ispirato allo ska al folk e al rock. Molto amati dai ragazzi sono autori di testi irriverenti ma anche impegnati, e protagonisti di diversi festival. In occasione della morte dell'ex dittatore cileno hanno scritto e interpretato questa canzone il cui testo, tra l'altro, recita:

Stolto è goder della disgrazia altrui, 
ma, in questo caso, la disgrazia è lui. 
La Storia questa sera ci da soddisfazione 
ed ha tirato forte lo sciacquone…....

giovedì 8 agosto 2013

Nel 2011 il numero delle vittime di torture durante la dittatura di Pinochet sale a 37.000


Furono 37mila le vittime di torture e arresti illegali sotto la dittatura cilena di Augusto Pinochet. Lo rivela, grazie a circa 32.000 nuove testimonianze di sopravvissuti, una Commissione speciale.I cileni torturati o rinchiusi in carceri clandestine, sono stati almeno 9.800 in più di quanto affermato nel 1990.

mercoledì 7 agosto 2013

Santiago, le immagini dei primi giorni dopo il golpe (seconda parte)


Pochi giorni dopo il colpo di stato nel 1973 una troupe televisiva francese girò immagini della vita a Santiago. Era il primo vero racconto, crudo e per molti versi agghiacciante. Ci sono anche immagini del funerale di Pablo Neruda. Realizzato per France Télévision da giornalista Jacques Seguiè viene trasmesso in Francia il 3 ottobre dello stesso anno. Questa è la seconda parte

martedì 6 agosto 2013

Santiago, le immagini dei primi giorni dopo il golpe (prima parte)


Pochi giorni dopo il colpo di stato nel 1973 una troupe televisiva francese girò immagini della vita a Santiago. Era il primo vero racconto, crudo e per molti versi agghiacciante. Realizzato per France Télévision da giornalista Jacques Seguiè viene trasmesso in Francia il 3 ottobre dello stesso anno. Questa è la prima parte

lunedì 5 agosto 2013

La questione è troppo importante perché gli elettori cileni possano essere lasciati a decidere da soli... H. Kissinger


« Non vedo perché dovremmo restare con le mani in mano a guardare mentre un Paese diventa comunista a causa dell'irresponsabilità del suo popolo. La questione è troppo importante perché gli elettori cileni possano essere lasciati a decidere da soli. »
(Henry Kissinger a proposito dell'elezione di Salvador Allende in Cile)

domenica 4 agosto 2013

Victor Jara, poeta, cantante e martire


Víctor Lidio Jara Martínez (San Ignacio, 28 settembre 1932 – Santiago del Cile, 16 settembre 1973) è stato un cantautore, musicista, regista teatrale e poeta cileno. Proveniente da famiglia contadina, politicamente impegnato, è divenuto negli anni un riferimento internazionale nel mondo della canzone di protesta e della canzone d'autore. Sostenitore del presidente Salvador Allende, Jara fu assassinato cinque giorni dopo il golpe dell’11 settembre 1973, vittima della repressione messa in atto dal generale Augusto Pinochet. Jara fu, fino alla morte, un importante militante del Partido Comunista de Chile (il partito di Pablo Neruda) e membro del comitato centrale delle Juventudes Comunistas de Chile. Oltre ad aver appoggiato politicamente il presidente cileno socialista Salvador Allende, era stato attivo nell'ambito del movimento noto come Nueva Canción Chilena. Il golpe del generale Augusto Pinochet contro il presidente Salvador Allende, che pose fine per molti anni alla democrazia in Cile, lo sorprende all'università. Viene preso prigioniero insieme a numerosi alunni e professori. Lo conducono allo Estadio Nacional de Chile, trasformato in campo di concentramento, poi nel vicino Estadio Chile, un complesso sportivo con un palazzetto dove si praticavano vari sport, e qui rimane prigioniero diversi giorni. Secondo alcune versioni, lo torturano a lungo, colpendogli le mani fino a rompergliele con il calcio di una pistola. Il 16 settembre (o secondo alcuni il 23[1]) lo finiscono a pistolettate. La vedova, Joan Turner Jara, ha smentito che gli siano state strappate le unghie e altre torture alle quali si dice sia stato sottoposto. Joan Jara racconta testualmente:
« Siamo saliti al secondo piano, dove erano gli uffici amministrativi e, in un lungo corridoio, ho trovato il corpo di Víctor in una fila di una settantina di cadaveri. La maggior parte erano giovani e tutti mostravano segni di violenze e di ferite da proiettile. Quello di Víctor era il più contorto. Aveva i pantaloni attorcigliati alle caviglie, la camicia rimboccata, le mutande ridotte a strisce dalle coltellate, il petto nudo pieno di piccoli fori, con un’enorme ferita, una cavità, sul lato destro dell’addome, sul fianco. Le mani pendevano con una strana angolatura e distorte; la testa era piena di sangue e di ematomi. Aveva un’espressione di enorme forza, di sfida, gli occhi aperti. » 
Dopo averlo ucciso, i militari cileni non solo proibiscono la vendita dei suoi dischi, ma ordinano la distruzione delle matrici.
Nel 1990 la "Commissione per la Verità e la Riconciliazione" stabilì che Víctor Jara fu assassinato il 16 settembre del 1973 all'Estadio Chile e fatto precipitare in una fratta nei dintorni del Cimitero Metropolitano, che si trova sulla Carretera 5 Sur. Venne poi condotto in una stanza mortuaria come N. N., per essere identificato dalla moglie. I resti di Jara giacciono al Cimitero Generale di Santiago, dove la moglie lo fece inumare in un funerale clandestino, prima di espatriare. Dopo la fine della dittatura, la tomba divenne oggetto di omaggi e ufficialmente segnalata. Tra il 2008 e il 2012 furono arrestati e/o incriminati diversi ex militari responsabili dell'omicidio di Víctor Jara: tra di essi l'ufficiale - processato in contumacia, dato che vive a Miami - che lo colpì mortalmente con la pistola, mentre faceva la roulette russa contro le sue vittime, e i soldati che ricevettero da questi l'ordine di finire il cantante con le pistole d'ordinanza. Sono stati tutti accusati di vari crimini contro l'umanità, come torture contro Jara e altri prigionieri, oltre che dell'omicidio. Il corpo di Jara è stato riesumato nel 2009 e il musicista commemorato con un nuovo funerale; Jara è stato poi sepolto in una tomba interrata vicino a quella precedente, ma molto più visibile, anche se quella vecchia è rimasta al suo posto. (Wikipedia)