Alle 2.50 del 5
settembre 1970 un terremoto politico investe l'America latina. Lo spoglio delle
schede è finito: Salvador Allende, medico, socialista, candidato di Unidad
Popular, al suo quarto tentativo, ha conquistato la maggioranza relativa alle
elezioni presidenziali cilene. Su quello strano paese, lungo più di 4 mila
chilometri ma largo non più di 200, si accendono i riflettori del mondo. Per la
prima volta un marxista può diventare capo di un governo nell'emisfero Ovest
grazie a una vittoria elettorale e non a una insurrezione armata. Da Roma e da
Parigi, capitali del marxismo occidentale, arrivano a Santiago del Cile legioni
di giornalisti, analisti politici, semplici militanti ansiosi di capire come
reagirà il laboratorio all'inedita formula cilena.

Dieci giorni dopo il voto cileno, il 15 settembre, alla Casa
Bianca si tiene una riunione a cui partecipano il presidente Richard Nixon e il
direttore della Cia, Richard Helms. " Una possibilità su dieci - avrebbe
detto il presidente secondo gli appunti di Helms ma liberiamo il Cile da quel
figlio di puttana! Vale la pena di provarci; noi non saremo impegnati
direttamente; nessun contatto con l'ambasciata (Nixon era fuori di sé perché i
dispacci da Santiago avevano dato per sicura l'affermazione delle destre, n. d.
r); dieci milioni di dollari a disposizione e anche di più se necessario;
impiego a tempo pieno per i nostri agenti migliori; una strategia: strozzare
l'economia; tempo 48 ore per pianificare l'azione". Un documento, reso
pubblico a dicembre '98 dall'amministrazione Clinton, conferma l'autenticità
degli appunti. "Il capo - si legge nel promemoria ha sottolineato che il
progetto deve essere pronto per il 18 perché Henry Kissinger in persona vuole
avere tutti i particolari della missione CIA".
(estratti dall'omonimo articolo di Ugo Bertone pubblicato su STORIA ILLUSTRATA nel giugno 1999 e reperibile integralmente su http://www.ossimoro.it.)
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