venerdì 13 dicembre 2013

Lunedì 16 dicembre all'Omar incontro con Paolo Bolognesi, Presidente dell’Associazione dei famigliari delle vittime della strage alla Stazione di Bologna del 1980

Novara – Lunedì 16 – ore 11.30 . 
Istituto  Omar 
Incontro con le studentesse, gli studenti e i docenti 

Il Presidente dell’Associazione dei famigliari delle vittime della strage alla Stazione di Bologna del 1980
Paolo Bolognesi, per il ciclo “La Democrazia Debole” parlerà delle Stragi impunite e non, di chi colpirono e
contro chi furono organizzate, e del ruolo dei cittadini

venerdì 18 ottobre 2013

Gli assassini di Victor Jara

Nel 1990 la "Commissione per la Verità e la Riconciliazione" stabilì che Víctor Jara fu assassinato il 16 settembre del 1973 all'Estadio Chile e fatto precipitare in una fratta nei dintorni del Cimitero Metropolitano, che si trova sulla Carretera 5 Sur. Venne poi condotto in una stanza mortuaria come N. N., per essere poi identificato dalla moglie. I resti di Jara giacciono al Cimitero Generale di Santiago, dove la moglie lo fece inumare in un funerale clandestino, prima di espatriare. Dopo la fine della dittatura, la tomba divenne oggetto di omaggi e ufficialmente segnalata. Tra il 2008 e il 2012 furono arrestati e/o incriminati diversi ex militari responsabili dell'omicidio di Víctor Jara: tra di essi l'ufficiale - processato in contumacia, dato che vive a Miami - che lo colpì mortalmente con la pistola, mentre faceva la roulette russa contro le sue vittime, e i soldati che ricevetteto da questi l'ordine di finire il cantante con le pistole d'ordinanza. Sono stati tutti accusati di vari crimini contro l'umanità, come torture contro Jara e altri prigionieri, oltre che dell'omicidio. Il corpo di Jara è stato riesumato nel 2009 e il musicista commemorato con un nuovo funerale; Jara è stato poi sepolto in una tomba interrata vicino a quella precedente, ma molto più visibile, anche se quella vecchia è rimasta al suo posto

domenica 13 ottobre 2013

Mi chiamo Violeta Parra.... La poesia del film che vedremo mercoledì 16 ottobre alle ore 21 al Cinema Araldo (Via Maestra 9 - Novara)

Violeta Parra (1917-1967) è un'icona della musica popolare cilena e, in generale, uno degli artisti più significativi dell'America Latina: cantautore, ricercatore del folklore, ma anche pittrice, ricamatrice, scultore e ceramista, nonché la prima latinoamericana a cui fu consacrata un'esposizione di opere al Louvre. Il film inizia descrivendo la sua infanzia e l'adolescenza tormentate trascorse nel sud del Paese, nella regione di Chillán, in una famiglia proletaria numerosa. Il padre Nicanor è un maestro e insegnante di musica alcolista, mentre la madre, di origine contadina, cuce a macchina in casa. Fin da bambina è vivace e dimostra inclinazione per la musica (compone le prime canzoni a 12 anni) e per il teatro. Violeta si sposa due volte, partorisce 4 figli, si integra in un gruppo teatrale itinerante, dove canta in coppia con la sorella Hilda, e si impegna politicamente con i comunisti. Si assiste alle sue peregrinazioni nei paesini delle Ande alla ricerca di antiche canzoni e ballate popolari da apprendere e reinterpretare. Nel 1954, viene invitata ad esibirsi in Polonia e successivamente trascorre 2 anni in Europa. Tornata in Cile inizia a incidere dischi e, nel 1958, fonda il Museo Nacional del Arte Folklórico. All'inizio degli anni '60 è a Parigi insieme al grande amore della sua vita, il musicologo e antropologo svizzero Gilbert Favre, con cui intrattiene una relazione tempestosa e contrastata. Rientrata in Cile, nel 1965 inaugura il suo progetto più ambizioso, la tenda-teatro a La Reina, che vuole essere una "Universidad del Folklore". Vi si esibisce con i figli Ángel e Isabel e con altri cantautori, fra cui Victor Jara. Ma nel frattempo Favre la lascia e si trasferisce in Bolivia. Andrés Wood ha tracciato un ritratto intenso: descrive la donna e l'artista appassionata e contraddittoria, tenacemente creativa, ma anche in lotta con i suoi demoni interiori, con eccessi di cupezza, disincanto e persino di egoismo e risentimento. 
Al contrario il suo attivo compromesso politico e la relazione di sfida che mantenne con la borghesia cilena sono appena abbozzati in qualche fugace episodio. Si notano le similarità di approccio con il notevole film Frida, naturaleza viva (1986), del regista messicano Paul Leduc, che esplora la vicenda della famosa pittrice Frida Kahlo (1907-1954). Il film ripercorre le tappe salienti della vita della Parra (con alcune licenze poetiche), ma non è un tradizionale biopic. La narrazione è sapientemente frammentaria e si struttura attraverso ellissi e salti temporali, flashbacks e flashforwards, intervallati da un curioso filo conduttore. Si tratta di un'intervista rievocativa concessa nel 1962 a un giornalista televisivo argentino tendenziosamente provocatorio, a cui la Parra risponde con sfrontata ironia. Lo straordinario montaggio, non lineare né sequenziale, di Andrea Chignoli, è caratterizzato da libere associazioni e zone chiaroscurali. Siamo lontani da un mero realismo e dalla omogeneità conciliatoria, anche se la pur felice descrizione episodica delle pulsioni caotiche mostra, a volte, qualche limite retorico. Senza dubbio la forza del film risiede nella straordinaria interpretazione di Francisca Gavilán. L'attrice sembra davvero incarnare Violeta, quasi attuando un processo di osmosi. La sua recitazione emotiva e coraggiosa fa emergere i marcati contrasti della personalità di un'artista forte, ma anche insicura, socievole, ma anche individualista e angustiata. Ma soprattutto risulta contundente il fatto che ella stessa interpreti versioni bellissime di tutte le 21 canzoni presenti nel film. La fotografia di Miguel Joan Littin, abituale collaboratore di Wood, cattura magistralmente la luce peculiare delle Ande e le penombre parigine lungo la Senna e correla spesso gli stati d'animo della protagonista. (Fonte: www.mymovies.it)

venerdì 11 ottobre 2013

Tra musica e cinema gli appuntamenti del fine settimana

Da Sabato 12 ottobre a Sabato 19 ottobre
a NOVARA presso MONDO MUSICA - Viale Roma
"SETTIMANA DELLA MUSICA CILENA" dischi di musica cilena suonata e cantata da cantautori e da complessi cileni e italiani

Domenica 13 ottobre
a NOVARA - ore 10,30 - Circolo XXV Aprile - Vicolo S. Giacomo
In collaborazione con la Sezione di Novara dell'Associazione Ricreativa Culturale Italiana del Circolo 25 Aprile
Inaugurazione della MOSTRA di copertine di dischi cileni, di riproduzione di murales e di manifesti.
Proiezione del video: ARIA DI GOLPE - con Dario FO e Franca RAME - regia di A. Ceste
APERITIVO
La Mostra rimarrà aperta sino al 27 ottobre - ogni giorno dalle ore 11,00 alle ore15,00 e dalle ore 18,00 alle ore 21,00

giovedì 10 ottobre 2013

Le rose di Atacama

Uno spettacolo può mutare continuamente pelle, pur rimanendo sempre fedele a se stesso. LE ROSE DI ATACAMA in questi quasi 15 anni di repliche ha saputo conoscere spazi sempre diversi (dal piccolo spazio della Miniera Paola dove ha visto il debutto sino alle grandi scene dei concerti con gli Inti-Illimani). E’ stato interpretato da diversi attori (da Oliviero Corbetta, Lola Gonzalez Manzano, Macarena Paz Pizarro, agli attuali protagonisti) modificando alcune sue parti e rinnovandosi. Si è adattato ora a una miniera, ora a una cantina, ora al palco di un grande teatro. E’ stato rappresentato in un hangar bianco immerso tra opere d’arte contemporanea perché come il deserto di cui si  racconta, sa sorprendere ogni volta che una nuova goccia lo bagna. In occasione dei 40 anni dal Golpe che l’11 settembre 1973 fece cadere il governo di Salvador Allende in Cile, LE ROSE DI ATACAMA ritornano in scena per ricordare ancora una volta un sanguinoso evento della Storia narrando di uomini e donne semplici, che hanno combattuto la dittatura in nome della libertà.

lunedì 7 ottobre 2013

Mercoledì 9 ottobre: IL CILE OGGI - 25 anni dopo la fine della dittatura di Pinochet Incontro/Conversazione con: Sebastiàn Garcìa Cornejo

Mercoledì 9 ottobre
a NOVARA ore 20,45 - Sala Convegni ex Consiglio Circoscrizionale di S. Agabio (Via Falcone, 9)
IL CILE OGGI - 25 anni dopo la fine della dittatura di Pinochet
Incontro/Conversazione con: Sebastiàn Garcìa Cornejo
Responsabile della Comunicazione della Federaciòn de Estudiantes Chilenos

venerdì 4 ottobre 2013

Rossellini intervista Allende

Un documento emozionante e pochissimo visto, programmato in Rai solo la sera del 15 settembre 1973, dopo la notizia dell'assassinio del Presidente.

mercoledì 2 ottobre 2013

Giovedì 3 ottobre Conferenza Stampa

GIOVEDI’ 3 OTTOBRE ALLE  ORE 10
AL CIRCOLO 25 APRILE (vicolo S. Giacomo) di Novara
CONFERENZA STAMPA
Per presentare l’incontro con
SEBASTIAN GARCIA CORNEJO
Responsabile della Commissione Comunicazione della
Federacion de Etudiantes de la Universidad de Chile
che parlerà
DELLE LOTTE E DEI PROBLEMI DEL CILE DI OGGI
Con l’occasione verranno anche presentate le iniziative musicali
e cinematografiche del mese di ottobre

lunedì 30 settembre 2013

Selezione di prime pagine di alcuni giornali italiani nei giorni del golpe di Pinochet

Selezione di prime pagine di alcuni giornali italiani nei giorni del golpe di Pinochet. 
Video a cura di Enrico Omodeo Salè, prodotto dal comitato "Novara Cile 11-09-73 11-09-13". Si ringrazia la Biblioteca Civica di Torino e l'istituto di studi storici Gaetano Salvemini. 
Musiche: Amerindios - Vamos Chile Victor Jara - Manifiesto IntiIllimani - Cancion del poder popular

mercoledì 25 settembre 2013

Lunedì ci vediamo alla Cascina Graziosa

Continuano le iniziative del Comitato “Novara-Cile 11 Settembre 1973-11 Settembre 2013” per i 40 anni del colpo di Stato in Cile operato dal generale Pinochet.
Lunedì 30 Settembre, alle ore 21 15, alla Cascina Graziosa di Casalino, in collaborazione con il Cineforum Nord e con l’Associazione Ricreativa Culturale di Novara, avverrà la proiezione del film-documentario SALVADOR ALLENDE (2004 – Cile, Belgio, Germania, Messico).
La regia del film è di Patricio GUZMAN
Interpreti: Salvador Allende, Fidel Castro, Henry Kissinger, Richard Nixon, Augusto Pinochet.

Per recarsi alla Cascina Graziosa prendere la Novara-Vercelli. Dopo un chilometro, circa, sulla sinistra c’è un cartello stradale con la scritta: CASCINA GRAZIOSA

lunedì 23 settembre 2013

Il manifesto dell'ARCI

rielaborazione grafica del manifesto per il concerto all'Arena di Verona del '75, fatta dall'Arci nazionale per la commemorazione. 

venerdì 20 settembre 2013

Aria di Golpe, uno spettacolo particolare di Dario Fo e Franca Rame

Regia: Armando Ceste
Casa di produzione: Index, Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, A.C. Cinema & Video
Anno: 1994
Abstract: 1973. Il 27 ottobre, al Palazzetto dello Sport di Torino, Dario Fo e Franca Rame, con la compagnia teatrale La Comune, rappresentarono, in prima assoluta, lo spettacolo: "Guerra di popolo in Cile". 
Una produzione militante, messa in scena in pochi giorni, per sottolineare l'urgenza di un impegno di forte testimonianza politica, contro il colpo di stato realizzato poche settimane prima (11 settembre) dai militari in Cile contro il legittimo governo Allende.
Lo spettacolo intendeva anche richiamare l'attenzione su analoghi pericoli che potevano presentarsi in Italia.
E' in questa atmosfera che Dario Fo e Franca Rame andarono in scena quella sera del 27 ottobre del 1973, coinvolgendo i diecimila spettatori presenti al Palazzetto dello Sport di Torino, in uno straordinario e indimenticabile "coup de theatre" finale.
Dario Fo e Franca Rame, con tutta la compagnia, finsero, all'insaputa di tutti, un intervento repressivo, di tipo "cileno", da parte della polizia. Tra le urla e i fischi di un pubblico che non si era accorto dell'inganno, si svolgeva un'altra rappresentazione, ammonitrice di un pericolo incombente forse anche in Italia.
Il materiale sul golpe in Cile è conservato presso l'Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico.
Lo spettacolo è "Guerra di popolo in Cile" del collettivo teatrale La Comune con: Dario Fo, Franca Rame, Piero Sciotto, Cicciu Busacca, Carpo Lanzi.
La canzone "Hanno fucilato una chitarra" è di Dario Fo.
Le riprese del 1973, al Palazzetto dello Sport di Torino, sono state effettuate da Armando Ceste per il Collettivo Cinema Militante di Torino, con una videocamera portatile Shibaden da 1/2"

lunedì 16 settembre 2013

Le ragioni della nazionalizzazione (estratto dall'atto con cui Salvador Allende nazionalizza le miniere di rame)

«Nel corso del suo sviluppo storico, la nostra nazione ha faticosamente conquistato il diritto di disporre di se stessa e di esser padrona delle sue risorse naturali. Questo diritto, oggi universalmente riconosciuto, il Cile lo esercita nel nazionalizzare le grandi imprese minerarie del rame e la Compagnia Mineraria Andina. E lo fa in termini socialmente giustificati, teoricamente fondati e scrupolosamente applicati. 
Le relazioni economiche internazionali che ha finora subito il nostro popolo si basano su una struttura costituzionalmente ingiusta, che impone ai paesi dipendenti decisioni adottate unilateralmente dai paesi egemoni. Questa unilateralità, violando perfino degli impegni pubblicamente contratti, ha gravemente pregiudicato gli interessi economici dell’America Latina e del Cile in particolare. L’uguaglianza formale, che il diritto e la coscienza universali riconoscono a tutti gli Stati, viene ad essere intrinsecamente limitata, quando non addirittura beffata, dall’uso che alcuni Stati fanno del proprio potere, per sottomettere di fatto altri Stati. Non è possibile parlare propriamente di libertà e dignità nelle relazioni fra i popoli, quando i loro mezzi di produzione fondamentali, le risorse vitali per la loro sopravvivenza, sono stati carpiti o assoggettati da un piccolo gruppo di grandi imprese che perseguono il proprio lucro a spese del sottosviluppo e dell’arretratezza delle masse dei paesi in cui si sono stabilite. [...]
Se è naturale che ogni paese decida liberamente per quanto concerne le attività che determinano il suo destino di popolo, è ancora più legittimo, se possibile, che quelle economie condannate dalla divisione internazionale del lavoro a una struttura di monoesportazione [esportazione di un solo prodotto, in questo caso il rame, n.d.r.], cessino di vedere la loro ricchezza fondamentale alienata [ceduta, n.d.r.] a favore del lucro smisurato di imprese straniere. Con un atto di piena sovranità nazionale, il Cile ha deciso di recuperare per sé la proprietà delle fonti di produzione più decisive per il suo presente e il suo futuro, da cui dipende la sorte della battaglia che esso sostiene per sottrarre la grande maggioranza del suo popolo alla miseria materiale, allo sfruttamento umano interno e alla subordinazione allo straniero...».

M. CARMAGNANI, L’America Latina dal 1880 ai nostri giorni, Sansoni, Firenze 1973

domenica 15 settembre 2013

C’E’ QUALCUNA, QUALCUNO che ha voglia di rimettere in gioco i suoi pregiudizi…?

Pinochet nel 1988 indisse un referendum per ottenere da un voto popolare la riconferma della sua Presidenza conquistata con il Golpe del 1973.
Pablo Larrain ne “I giorni dell’arcobaleno” che abbiamo proiettato mercoledì 11 all’Araldo (pieno) ci ha raccontato la storia della campagna elettorale referendaria dove si incontrarono/scontrarono tre tesi.
Quella di coloro che alla vittoria anteponevano l’esigenza di una campagna accentrata sui valori antagonisti alla dittatura
Quella di coloro che per la vittoria puntavano alla celebrazione del generale golpista
Quella del giovane pubblicitario che legava la vittoria ad un messaggio gioioso, positivo, di allegria con il quale sconfisse clamorosamente il “gruppo di potere” militare economico su cui poggiava la dittatura.
Una storia di estrema attualità che ancora una volta lega le vicende cilene a quelle italiane.
C’è qualcuna, qualcuno che - anche senza aver visto il film – ha voglia di discutere dei “fondamentali” della democrazia.?
Se sì, venga
GIOVEDI’ 19 ALLE ORE 21 AL CENTRO SERVIZI VOLONTARIATO (Via Monte Ariolo 12 – la prima a sinistra dopo la Chiesa del Monserrato – venendo da piazza Cavour) ed insieme parliamo:

DELLE FORME E DEI CONTENUTI PER LA CONQUISTA DEL CONSENSO POPOLARE ALLE ELEZIONI

Proviamo ad uscire dai discorsi ripetitivi e bugiardi di cui sono pieni i media.

venerdì 13 settembre 2013

I Faith No More: Señor Pinochet, ti odio


«Señor Pinochet it's gonna hate you!!"», così i Faith No More, uno dei gruppi più importanti della scena alternative metal statunitense modificano "Ricochet", una loro popolarissima canzone, in occasione del primo tour cileno del nuovo millennio. 

giovedì 12 settembre 2013

Tanta gente all'Araldo per "No"

L'11 settembre 2013 una vera e propria coda davanti all'ingresso del cinema "Araldo" ha segnato l'inizio vero e proprio delle iniziative del Comitato Novara-Cile. 
Un ringraziamento a tutti e un augurio che si continui così anche nei prossimi appuntamenti meno... spettacolari ma ugualmente interessanti.

lunedì 9 settembre 2013

Mercoledì 11 settembre alle ore 21.15 al Cinema Araldo c'è "NO"

Mercoledì 11 settembre alle ore 21.15 ci troviamo tutti al Cinema Araldo di Novara per guardare un film un po' speciale che racconta una altrettanto speciale campagna elettorale destinata a chiudere l'era di Pinochet. Prima della proiezione del film verrà presentato anche un video – prodotto dal Comitato Novara-Cile e curato da Enrico Omodeo Salé – “sulla tragedia cilena vista dalle prime pagine dei maggiori quotidiani italiani nei giorni successivi al Golpe”

Il ricordo di Darwin Pastorin - Quel settembre 1973 (per il Cile) a Torino


Quel settembre 1973 (per il Cile) a Torino

Ho prenotato i biglietti per me e per la mia a compagna: 15 settembre, teatro Colosseo a Torino, concerto degli Inti-Illimani. Per ricordare, quarant'anni dopo, il golpe che spezzò il sogno di Salvador Allende e della Unidad Popolar. Cominciarono gli anni neri di Augusto Pinochet e degli altri assassini in divisa. Il tutto con la complicità della Cia.
L'11 settembre 1973 il Palazzo della Moneda venne bombardato, Allende si suicidò dopo un discorso alla radio, rivolgendosi al suo popolo, alla sua gente, ai militanti comunisti e socialisti, orgoglioso e commovente. La notizia arrivò come un pugno in faccia, avevo diciassette anni ed ero (come lo sono adesso) di sinistra. Sognavo un mondo migliore, senza violenza, uguale per tutti, Che Guevara era il nostro faro. Non potevamo credere a quell'ennesimo sfregio all'America Latina. Santiago divenne la capitale della nostra rabbia e della nostra lotta. A Torino ci fu, subito, una grande mobilitazione.
Pochi giorni dopo il colpo di stato, un compagno anarchico arrivò al liceo con una notizia: domani corteo per il Cile e poi tutti al palasport Ruffini. Ci saranno Dario Fo e Franca Rame, Paolo Pietrangeli e, soprattutto, gli Inti-Illimani, che si trovavano, per loro buona sorte, in Italia.
Per quel giorno avevo previsto di tagliare da scuola e di andare con una mia amica, di un'altra sezione, a Bardonecchia, dove i miei avevano una casa. Ma come potevo dire di no a quella manifestazione? Tra l'amore e la politica, prevalse quest'ultima.
Fu una notte indimenticabile. Gli Inti-Illimani cantarono e suonarono con dolore e con passione, le loro canzoni riempivano i nostri cuori. Pietrangeli propose Contessa, che tutti noi conoscevano a memoria: perché "se il vento fischiava ora fischia più forte, le idee di rivolta non sono mai morte". Poi, arrivarono Dario e Franca.
Ricostruirono gli ultimi minuti di due ragazzi, fedeli al presidente Allende, che, da una emittente clandestina, invitavano operai e studenti a scappare, a trovare un rifugio sicuro. Ma, dopo poco, arrivarono i militari. I ragazzi sentirono i loro passi robusti, ma non smisero di parlare: fino a quando i fucili non spensero le loro voci giovani e coraggiose. Dario e Franca resero quegli attimo reali, alla fine avevamo i pugni alzati e le lacrime agli occhi.
Tornai a casa a piedi, con ancora dentro di me quella musica, quelle parole, quel senso di smarrimento. Quarant'anni dopo andrò a riascoltare e ad applaudire gli Inti-Illimani. Perché non ho dimenticato e non dimenticherò mai cosa accadde in Cile quell'11 settembre 1973.

sabato 7 settembre 2013

Un corto su Unidad Popular

Un corto di grande efficacia (in spagnolo) racconta le speranze e la forza del progetto di Unidad Popular

venerdì 6 settembre 2013

"La settimana del libro cileno" dà il via alle iniziative per ricordare

Da Sabato 7 settembre presso la libreria “LA LIBRERIA” in “piazzetta delle erbe” a Novara inizia LA SETTIMANA DEL LIBRO CILENO: IL ROMANZO E LA POESIA. Durerà fino a Domenica 15 Settembre e prevede uno sconto del 15% per ogni volume acquistato. È la prima delle iniziative prevista dal Comitato Novara Cile per ricordare l'esperienza di Unidad Popular a quarant'anni dal golpe che l'ha cancellata nel sangue

giovedì 5 settembre 2013

I mille giorni di Allende (quinta e ultima parte)


Nel '72 partono le proteste più insidiose: ad agosto i commercianti al dettaglio dichiarano lo sciopero generale poi tocca ai camionisti. La scintilla è "il sospetto dell'intenzione" di creare un apparato pubblico di trasporti nella provincia di Aysen, ma sotto cova la rabbia dei ceti medi. È una battaglia campale, quella che si apre sotto la direzione di Leòn Villarin, segretario del sindacato dei trasporti. Il paese viene spezzato in due. I commercianti abbassano le serrande, i sostenitori del governo assaltano i negozi chiusi. Medici, avvocati, scuole e università scendono in sciopero; gli imprenditori proclamano la serrata. Gli operai replicano con le occupazioni. Di notte nei quartieri alti echeggia il suono delle casseruole, mentre i camioneros c Patria y Libertad, un gruppuscolo di destra, disseminano le strade di bande chiodate. Il Cile è un paese in ginocchio, come volevano gli Usa; che ottengono il risultato con poca spesa grazie al cambio nero e alla svalutazione; è la CIA a finanziare gli scioperanti, i 10 mila camionisti, con oltre un milione di dollari.

Vadano a Miami con le loro zie - recitava Pablo Neruda di fronte all'esodo dei borghesi - . Io rimango a cantare con gli operai in questa storia e geografia nuove". Occorrerebbe una forte disciplina rivoluzionaria capace di fornire un'arma al governo per raddrizzare, con una politica di austerità i conti con l'estero e riavviare gli investimenti. Invece si innesca una spirale di nuove rivendicazioni: nei primi due anni di UNIDAD POPULAR , gli scioperi aumentano del 170 per cento. Di fronte alla crisi ci vorrebbe una reazione decisa e chiara del governo. Ma qui esplodono le divisioni della coalizione tra riformisti e rivoluzionari e il dissenso insanabile tra il partito comunista e il Mir.
Il paese, intanto, sembra destinato a un assurdo muro contro muro. Nemmeno le elezioni offrono una via d'uscita: il voto per il parlamento del marzo '73 dà infatti alla coalizione di sinistra la stessa percentuale del '69. Non è abbastanza per ridare solidità al governo, ma è più che sufficiente per impedire che la destra (comunque in crescita del 4,4%) chieda la destituzione di Allende (per rimuovere il capo dello stato occorrono i voti di due terzi del congresso).
La vera novità della campagna elettorale del '73 è che essa si svolge sotto l'attenta supervisione delle forze armate. È dall'aprile '72 che un militare siede nella poltrona di ministro dell'interno. Lo ha deciso Allende di fronte ai conflitti della coalizione, paralizzata per i dissensi legati alla nomina di un ministro delle Miniere. "Qual è la situazione delle forze armate ?" chiede a bruciapelo ad Allende il presidente algerino Houari Boumedienne, durante la tappa del capo dello stato cileno verso Mosca. Lui risponde sottolineando la tradizionale neutralità politica dei generali cileni e spiega come li ha fatti entrare nel governo. Se non riuscirete ad estirpare radicalmente quanto vi è di reazionario nell'esercito - replica Boumedienne - non vedo un grande futuro per voi…".
Da maggio la situazione precipita. In una riunione a sostegno del governo di 800 ufficiali della guarnigione di Santiago, il generale Carlos Prats viene fischiato. Tra i pochi solidali con Prats c'è un generale destinato a diventare tristemente famoso: Augusto Pinochet Ugarte. Nello stesso mese Allende e costretto a dichiarare lo stato di emergenza per arginare gli scontri tra le opposte fazioni. Ma, con i militari fuori dal governo (per loro scelta) dopo il rimpasto di primavera l'autorità di Allende è oramai ai minimi. La Democrazia Cristiana ha scelto il suo nuovo segretario. È Patricio Alwin, dell'ala destra intransigente. Anche la chiesa, contraria alla riforma scolastica, si schiera contro il governo.Il 29 giugno si verifica il primo tentativo di golpe con il colonnello Souper che, a capo di un reggimento di blindati, intima la resa della guardia del palazzo della Moneda. Ma il putsch fallisce. Quando Allende arriva alla Moneda c'è solo qualche sparo isolato e, quel più conta, il numero dei generali fedeli è rassicurante. Tra loro c'è anche Augusto Pinochet che, nel suo libro, definisce questo colpo di stato una prova per esplorare la capacità di difesa del governo e lo schieramento delle forze all'interno dell'esercito. E per valutare anche quale fosse la vera popolarità del presidente che, nella stessa sera, venne fischiato dai militanti dell'estrema sinistra che vogliono chiudere il congresso.
Dopo aver formato il nuovo governo Allende assiste, il 22 agosto, alle dimissioni di Prats e di altri militari. Gli alti gradi della Marina e dell'Aviazione stanno intanto preparando il golpe. Sono loro a lanciare l'ultimatum al capo di stato maggiore dell'esercito, ovvero Pinochet: o con noi o contro. E Pinochet, scaltro, alla fine decide di impegnarsi. Quando l'11 settembre 1973 Allende prova a mettersi in contatto  con Pinochet, non risponde nessuno. "Avranno già arrestato Augusto" pare che abbia esclamato.

(estratti dall'omonimo articolo di Ugo Bertone pubblicato su STORIA ILLUSTRATA nel giugno 1999 e reperibile integralmente su http://www.ossimoro.it.)

mercoledì 4 settembre 2013

I mille giorni di Allende (quarta parte)

Con una trovata degna di Evita Peròn si annuncia che i migliori alunni della scuola primaria trascorreranno l'estate nel palazzo presidenziale di Viña del Mar, assieme a Salvador. C'è spazio pure per il Palazzo del Matrimonio, in questa stagione di rivincite, culminata nella "Giornata della Dignità Nazionale", il 15 luglio del 1971, quando il congresso approva all'unanimità la nazionalizzazione del rame affidando ad Allende la questione degli indennizzi: le grandi compagnie americane non avranno un solo dollaro. Nel dicembre 1971 il numero di banche e industrie controllate dallo stato è già raddoppiato da 31 a 62, mentre altre 39 imprese risultano requisite in nome della legge che prevede l'intervento pubblico quando non vengano assicurati servizi essenziali alla comunità. Nelle campagne vengono espropriate 1300 proprietà fondiarie.
È una strategia che funziona, in un primo momento. Nell'aprile '71 UNIDAD POPULAR stravince le elezioni comunali, ottenendo la maggioranza assoluta, con il 50,86%. Mai, del resto, i cileni si sono sentiti cosi ricchi: grazie a forti stimoli all'economia il prodotto interno lordo cresce dell'8,6% mentre la disoccupazione si dimezza nel giro di pochi mesi e l'inflazione scende dal 34 al 22 per cento. Crescono i consumi e, di riflesso, le importazioni, ma grazie alle alte quotazioni del rame a fine anni '60, Allende si ritrova in cassa massicce riserve valutarie. Il teorema del ministro del Lavoro Pedro Vuskovic è di una semplicità disarmante: pompare nell'economia tutta la liquidità possibile (il circolante aumenta in un anno del 110%), accrescendo la spesa pubblica (+70%). L'aumento della domanda avrebbe prodotto un aumento della produzione e un parallelo calo della disoccupazione.
Il ciclo virtuoso sembra inattaccabile, ma la luna di miele finisce presto. Già nell'ottobre 1971 gli investimenti sono in caduta libera (-71,3%), nonostante la forte crescita dell'impiego statale. La caduta del prezzo del rame, a causa della congiuntura internazionale (e della pressione delle corporation USA) fa precipitare il valore delle esportazioni proprio quando crescono le importazioni dei beni essenziali: in un anno le riserve crollano da 343 a 32 milioni di dollari, le importazioni di macchinari industriali del 22%. Intanto gli USA sono di parola: grazie alle pressioni sulla Banca Mondiale e sul Banco Interamericano de Desarrollo i crediti passano dai 300 milioni di dollari all'anno dell'era Frei a meno di 30. Non ci sono soldi nemmeno per i pezzi di ricambio: nel 1972 un autobus su tre e un taxi su cinque è fuori uso. Il quadro economico peggiora, inoltre, per l'esodo di massa della borghesia. Nel solo settembre 1970, prima ancora dell'insediamento di Allende, scappano in 12 mila, presto seguiti da altri 17 mila. Negli stessi giorni lasciano le banche cilene 87 milioni di dollari.

(estratti dall'omonimo articolo di Ugo Bertone pubblicato su STORIA ILLUSTRATA nel giugno 1999 e reperibile integralmente su http://www.ossimoro.it.)

martedì 3 settembre 2013

I mille giorni di Allende (terza parte)

La partita si gioca tra la metà di settembre e il 24 ottobre, data in cui il congresso si riunisce per l'elezione del presidente. E gli Stati Uniti non esitano a praticare, fin da subito, il gioco duro. "Deve sapere - scrive l'ambasciatore USA Korry al presidente. uscente Frei - che non lasceremo arrivare in Cile una sola vite o un solo dado, sotto Allende. Se Allende assumerà il potere faremo tutto il possibile per condannare il Cile e i cileni alle più dure privazioni e miserie. Non si faccia illusioni signor Frei".Proprio Eduerdo Frei era l'interprete necessario del piano uno: far eleggere Alessandri in parlamento, spingendo i democristiani, contro la consuetudine costituzionale, a favore del secondo arrivato. Alessandri si sarebbe dovuto dimettere subito dopo per indire nuove elezioni con Frei candidato unico contro le sinistre.È un piano che il presidente uscente rifiuta seccamente, anche se non si fa illusioni sul futuro del paese."Frei - scrive Carlos Prats, il generale che parteciperà più avanti al governo Allende - ha riunito me, il generale dei carabineros e i comandanti delle forze armate per dirci che l'ascesa al potere di Allende ci farà cadere irreversibilmente nel marxismo". Ma almeno per ora, regge il filo della collaborazione democratica tra UNIDAD POPULAR e la Democrazia cristiana. Allende accetta un emendamento alla carta costituzionale in base a cui l'esecutivo garantisce espressamente libertà civili, libere elezioni e libertà di espressione e la DEMOCRAZIA CRISTIANA, pur tra contrasti interni, decide di schierarsi con il vincitore delle elezioni, anche perché, a convincere gli incerti, arriva l'esito, disastroso, di "Track II" il piano di riserva della CIA che prevede di sequestrare, con l'aiuto di un paio di gruppuscoli vicini alla destra cilena e alle forze armate, il comandante in capo dell'esercito René Scneider, vicino agli americani, ma colpevole di voler rispettare la tradizione di non intervento dei militari. Il rapimento di Schneider avrebbe dovuto suscitare l'indignazione dell'esercito, l'ammutinamento e la cacciata di Allende. L'operazione deve essere condotta da cileni, ma tutta la logistica è curata dall'addetto militare americano a Santiago Paul Wimert che organizza le riunioni, prepara il piano, fornisce la armi (di fabbricazione cilena, sottolineerà in seguito Kissinger, nel tentativo di sostenere l'estraneità Usa). L'agguato a Schneider però non riesce. Il generale, quando una mazza sfonda il vetro della sua automobile, estrae la pistola per difendersi e gli assalitori sparano. Schneider morirà due giorni dopo, i cospiratori vengono ben presto individuati e il complotto sortisce l'esito opposto: Allende e Frei, assieme ai generali delle forze armate sfilano per le vie di Santiago alla testa di un corteo funebre. Il congresso, pochi giorni dopo elegge Allende alla massima carica della repubblica. È il 3 novembre 1970, davanti alla Moneda sfila un corteo impressionante di tv e reporter da tutto il globo. Il Cile, per la prima volta nella sua storia, non è periferia del mondo. E Pablo Neruda, il poeta comunista che ha ritirato la sua candidatura alle elezioni per dare spazio ad Allende può declamare: "Dai deserti di salnitro, dalle miniere sommerse di carbone, dalle alture terribili dove si trova il rame che le mani del mio popolo estraggono con fatica disumana è sorto un movimento liberatore di enormi proporzioni che ha portato alla presidenza del Cile un uomo chiamato Salvador Allende, perché realizzi atti di giustizia improrogabili".

E quell'improrogabile è un po' la nota che caratterizza il primo governo di Salvador Allende, una sorta di patchwork cucito con vecchi volpi parlamentari e volti nuovi. Per la prima volta quattro ministeri chiave (Finanze, Lavori pubblici, Case e Lavoro) vengono affidati a semplici operai. Allende ha fretta, non vuole sprecare la "luna di miele" con il paese. Il primo anno di UNIDAD POPULAR si trasforma così in una baldoria di conquiste quasi impossibili, "una festa e un dramma", come la definirà il sociologo Tomàs Moulian. Allende lancia, innanzi tutto, il programma dei 40 provvedimenti: primo fra tutti la distribuzione de mezzo litro di latte al giorno ai bambini cileni, che sembra un bel gesto finché non se ne conosce il costo enorme, cento milioni di dollari. Ma il presidente non si ferma. " I nostri proponimenti - replica agli scettici - potranno sembrare troppo semplici a coloro che preferiscono le grandi promesse, ma il popolo ha bisogno di alloggiare la famiglia in case decenti, di far istruire e figli in scuole che non siano solo per i poveri, di mangiare a sufficienza ogni giorno dell'anno; il popolo ha bisogno di lavoro, di protezione nella malattia e nella vecchiaia, di rispetto per la persona ". E sull'onda di queste parole nasce il "Treno della Salute", mentre l'istruzione primaria diventa gratuita e vengono ridotte le tasse per quella secondaria.


(estratti dall'omonimo articolo di Ugo Bertone pubblicato su STORIA ILLUSTRATA nel giugno 1999 e reperibile integralmente su http://www.ossimoro.it.)

lunedì 2 settembre 2013

I mille giorni di Allende (seconda parte)


L'azione degli Stati Uniti è certamente una delle cause che hanno portato alla fine tragica dell'esperienza cilena dopo mille giorni di governo. Ma questa considerazione non deve far trascurare il fatto che il sogno rivoluzionario di Allende nasce già debole in un paese diviso, sia da un punto di vista politico sia da quello delle condizioni sociali ed economiche. E questa fragilità accompagnerà sempre l'esperimento Allende.

Tanto per cominciare il candidato delle sinistre non dispone della maggioranza assoluta. Per Allende, nel 1970, ha votato poco più di un milione di cittadini (1.070.334 voti), il 36,2% dell'elettorato, contro gli 821. 501 suffragi" (il 27,4 %) raccolti da Rodomiro Tomic, il candidato della Democrazia Cristiana che si è presentato agli elettori con un programma radicale che prevede espropri a vantaggio degli agricoltori e la nazionalizzazione delle miniere di rame. Soprattutto, però, l'alleanza delle sinistre (comunisti, socialisti, radicali e socialdemocratici) ha battuto di misura Jorge Alessandri, ex primo ministro sostituito nel '64 dal democristiano Eduardo Frei candidato dalla destra, che ha raccolto 1.031.159 voti, ovvero 39.175 in meno di Unidad Popular. Allende è in testa, insomma, ma di poco. E molti attribuiscono il sorpasso ai danni di Alessandri all'infelice conferenza tv del candidato di destra, apparso tanto vecchio da rasentare il rimbambimento ("Vedete che le mie mani non tremano!" disse lo stesso Alessandri davanti alle telecamere il giorno del voto, cercando con poco successo di rimediare alla magra figura). La grande rivoluzione nasce quindi da una vittoria elettorale risicata, tutt'altro che trionfale a un'analisi approfondita perché le sinistre oltre tutto non sono nemmeno in ascesa. Nelle elezioni del '70 le sinistre avevano ottenuto infatti, una percentuale di voti inferiore a quella raggiunta nel '64 (quando Allende ottenne il 38% abbondante nonostante i massicci aiuti della CIA al candidato democristiano) tra i nuovi elettori, nel '70, Unidad Popular ottiene solo il 13,3 % dei voti. La frana della democrazia cristiana, dopo le delusioni della rivoluzione nella libertà di Edoardo Frei, aveva portato quindi più consensi alla destra che non alla sinistra radicale. Nella stessa Democrazia cristiana, poi, buona parte dell'elettorato e del partito erano senz'altro a destra delle posizioni espresse da Tomic.
Anche il panorama economico non è dei più favorevoli. L'avvio della nazionalizzazione delle miniere di rame non ha portato  i frutti sperati con i debiti del Cile che sono saliti oltre il livello di guardia, al punto che metà dell'export serve a pagare gli interessi. L'indipendenza economica, inoltre, resta un sogno, visto che il 60% dell'import è legato agli Stati Uniti, mentre la moderata crescita dei consumi della metà degli anni '60, la chiave del riformismo di Frei, si è tradotta in un esplosione inflazionistica. A Melipilla, non lontano dalla capitale, i contadini occupano 44 haciendas agricole e Alessandri, il candidato della destra, non riesce a raggiungere il sud del paese perché i minatori sbarrano la ferrovia al suo passaggio. Anche la destra fa le prime prove di saldatura tra gli interessi della grande borghesia e i ceti medi, ma la vera, ben più inquietante, novità è il maggiore attivismo di un nuovo protagonista, fino ad allora eccezione nel panorama latino-americano, assente dalla scena politica: l'esercito. Il 29 settembre 1969, un anno prima dell'elezione di Allende il reggimento di Yungai, punti di diamante dell'esercito, arriva in ritardo al Te Deum in onore del presidente della Repubblica. È un atto di insubordinazione (che costa il posto a sei ufficiali) presto imitato il generale Viaux, comandante del primo corpo d'armata, occupa una caserma di Santiago per protesta contro le paghe basse dell'esercito. Una rivendicazione sindacale destinata a rientrare, ma anche una inquietante spia d'allarme. È questo il Paese che Allende dovrà governare. Ma prima, poiché nessuno ha ottenuto la maggioranza assoluta, spetterà al congresso scegliere tra i due candidati che hanno riportato il maggior numero di suffragi.

(estratti dall'omonimo articolo di Ugo Bertone pubblicato su STORIA ILLUSTRATA nel giugno 1999 e reperibile integralmente su http://www.ossimoro.it.)

domenica 1 settembre 2013

i mille giorni di Allende (prima parte)

Alle 2.50 del  5 settembre 1970 un terremoto politico investe l'America latina. Lo spoglio delle schede è finito: Salvador Allende, medico, socialista, candidato di Unidad Popular, al suo quarto tentativo, ha conquistato la maggioranza relativa alle elezioni presidenziali cilene. Su quello strano paese, lungo più di 4 mila chilometri ma largo non più di 200, si accendono i riflettori del mondo. Per la prima volta un marxista può diventare capo di un governo nell'emisfero Ovest grazie a una vittoria elettorale e non a una insurrezione armata. Da Roma e da Parigi, capitali del marxismo occidentale, arrivano a Santiago del Cile legioni di giornalisti, analisti politici, semplici militanti ansiosi di capire come reagirà il laboratorio all'inedita formula cilena.
E  l'attenzione è tanto più giustificata se si guarda alle ambizioni di Salvador Allende Gossens, 61 anni, marxista e massone, figlio di un avvocato, dal '52 ostinatamente impegnato a cercare una "via cilena" al socialismo democratica e pacifica, ma non per questo meno radicale. "Caro Allende, tu con altri mezzi cerchi di ottenere la stessa cosa" gli ha scritto Che Guevara, dedicandogli una copia del suo libro "La guerra di guerriglia". E il Che ha ragione: anche Allende vuole la rivoluzione, la sovversione degli equilibri economici esistenti, la socializzazione dei mezzi di produzione, ma promette di realizzare queste trasformazioni nel rispetto della costituzione e della legalità. Non è cosa da poco e lui ne è cosciente al punto di dire che "il nostro esperimento non sarà meno importante della rivoluzione russa". Fantasie? Forse, ma ci credono in molti, anche a Washington.

Dieci giorni dopo il voto cileno, il 15 settembre, alla Casa Bianca si tiene una riunione a cui partecipano il presidente Richard Nixon e il direttore della Cia, Richard Helms. " Una possibilità su dieci - avrebbe detto il presidente secondo gli appunti di Helms ma liberiamo il Cile da quel figlio di puttana! Vale la pena di provarci; noi non saremo impegnati direttamente; nessun contatto con l'ambasciata (Nixon era fuori di sé perché i dispacci da Santiago avevano dato per sicura l'affermazione delle destre, n. d. r); dieci milioni di dollari a disposizione e anche di più se necessario; impiego a tempo pieno per i nostri agenti migliori; una strategia: strozzare l'economia; tempo 48 ore per pianificare l'azione". Un documento, reso pubblico a dicembre '98 dall'amministrazione Clinton, conferma l'autenticità degli appunti. "Il capo - si legge nel promemoria ha sottolineato che il progetto deve essere pronto per il 18 perché Henry Kissinger in persona vuole avere tutti i particolari della missione CIA".

(estratti dall'omonimo articolo di Ugo Bertone pubblicato su STORIA ILLUSTRATA nel giugno 1999 e reperibile integralmente su http://www.ossimoro.it.)

sabato 31 agosto 2013

"Carretera Austral" dei Modena City Ramblers




I Modena City Ramblers ricordano il golpe con un brano particolare dedicato alla Carretera Austral, una strada di ghiaia di circa 1000 km costruita nel 1979 dal regime militare di Pinochet che parte da Puerto Monti ed arriva fino all'estremo sud patagonico del Cile. Oggi è una strada completamente inutilizzabile che serviva per spostamenti militari a salvaguardia della frontiera cileno-argentina. 
Questo è il testo:

La terra è lunga e sporca
È pietra di vulcano
Polvere levata dal vento australe
Non vedo più una strada
È una ferita d'odio
Un salto nel passato da ricordare

Balla sulla Carretera Austral
Viaggia sulla Carretera Austral
Balla sulla Carretera Austral
Balla...

Quel giorno di settembre
Ci vennero a rubare
Il seme della rosa alla Moneda
Tace il presidente
Dopo il temporale
Dopo il piombo
Su Santiago del generale

Balla sulla Carretera Austral
Viaggia sulla Carretera Austral
Balla sulla Carretera Austral
Balla...

La strada militare
È un fiume di veleno
Che porta voci lontane dalla frontiera

Da nord a Punta Arenas
Rincorro i miei pensieri
La Storia non si è fermata
Sulla Carretera

Balla sulla Carretera Austral
Viaggia sulla Carretera Austral
Balla sulla Carretera Austral
Balla...

venerdì 30 agosto 2013

La testimonianza di Leonardo Barcelo

La testimonianza di Leonardo Barcelo, uno dei "fortunati" riusciti a rifugiarsi nell'ambasciata italiana del Cile dopo il Golpe

giovedì 29 agosto 2013

Wojtila e Pinochet: quando i morti non sono tutti uguali....

Il Generale Augusto Pinochet, nato nel 1915, è passato alla storia come uno dei più disumani dittatori del Novecento, tristemente celebre per la barbara eliminazione dei suoi oppositori. Durante la sua feroce dittatura, durata dal 1973 al 1990, furono torturate, uccise e fatte barbaramente sparire almeno trentamila persone, gli uomini di Unidad Popolar, la coalizione di Allende, militanti dei partiti comunista, socialista e democristiano, accademici, professionisti, religiosi, studenti e operai.

A proposito del ruolo della chiesa cattolica romana in questa immane tragedia va detto che...
A oltre 30 anni dal golpe, la legittimazione più calorosa arrivò al dittatore Augusto Pinochet dalle stanze del Vaticano. 
18 febbraio 1993: la privatissima ricorrenza delle sue nozze d’oro viene allietata da due lettere autografe in spagnolo che esprimono amicizia e stima e portano in calce le firme di papa Wojtyla e del segretario di Stato Angelo Sodano.
«Al generale Augusto Pinochet Ugarte e alla sua distinta sposa, Signora Lucia Hiriarde Pinochet, in occasione delle loro nozze d’oro matrimoniali e come pegno di abbondanti grazie divine", scrive senza imbarazzo il Sommo Pontefice, "con grande piacere impartisco, così come ai loro figli e nipoti, una benedizione apostolica speciale. Giovanni Paolo II».
Ancor più caloroso e prodigo di apprezzamenti è il messaggio di Sodano, che era stato nunzio apostolico in Cile dal ’77 all’88, e che nell’87 aveva perorato e organizzato la visita del papa a Santiago, trascurando le accese proteste dei circoli cattolici impegnati nella difesa dei diritti umani.
Il cardinale scrive di aver ricevuto dal pontefice «il compito di far pervenire a Sua Eccellenza e alla sua distinta sposa l’autografo pontificio qui accluso, come espressione di particolare benevolenza». E aggiunge: «Sua Santità conserva il commosso ricordo del suo incontro con i membri della sua famiglia in occasione della sua straordinaria visita pastorale in Cile». E conclude, riaffermando al signor Generale "l’espressione della mia più alta e distinta considerazione".
Non esistono morti di serie A e serie B ma solo morti, la differenza è che alcuni di loro sono morti anche nella nostra memoria

da: 

mercoledì 28 agosto 2013

Per non dimenticare...

11 settembre.
Oltre 30.000 morti accertati.
Oltre 600.00 persone torturate.
Questi sono i numeri principali del 11 settembre 1973, una data troppo spesso dimenticata e poi sorpassata dalla capacità mediatica del 11 settembre 2001.

Il golpe del 11 settembre 1973 portò al potere Pinochet con l’esplicito aiuto e contributo determinante degli USA.

Alcune informazioni utili per non dimenticare
Dietro il Golpe dell’11 settembre la CIA
Uno scoop del New York Times denunciò che l’amministrazione Nixon aveva finanziato attività della Cia in Cile contro il regime di Allende.

L’8 settembre 1974, il New York Times rivelò che, secondo una testimonianza resa il 22 aprile dello stesso anno da William Colby, direttore della Cia, di fronte alla Sottocommissione dei servizi armati sull’intelligence della Camera dei rappresentanti, l’amministrazione Nixon avrebbe stanziato oltre otto milioni di dollari per le attività della Cia contro il regime del presidente Salvador Allende. Le operazioni di intervento, secondo Colby, erano state approvate in blocco dalla Commissione dei quaranta, un quadro di comando di alto livello addetto all’approvazione dei piani di sicurezza guidati da Henry Kissinger, segretario di Stato degli Stati Uniti, e furono considerate come prova schiacciante delle tecniche di sovvertimento di altri governi attraverso lo stanziamento di fondi.
Il primo presumibile coinvolgimento degli Stati Uniti contro Allende avvenne nel 1964, allorché tre milioni di dollari vennero stanziati in aiuto del Partito cristiano democratico il cui candidato alle elezioni presidenziali, Eduardo Frei Montalva, sconfisse Allende. Ulteriori somme di denaro si dice siano state finanziate negli anni seguenti, compresi cinquecentomila dollari nel 1970 donati alle forze anti-Allende prima delle elezioni presidenziali, finanziamento poi culminato nel milione di dollari stanziati, nel 1973, come parte della campagna per "destabilizzare" il regime di Allende. Nel corso di una conferenza stampa tenutasi il 16 settembre, il presidente Ford difese l’operato statunitense in Cile in quanto teso «agli interessi del popolo cileno e, sicuramente, ai nostri interessi», ma negò che gli Stati Uniti fossero stati coinvolti nel sovvertimento del regime del presidente Allende. Di seguito, affermò che gli sforzi dell’America erano tesi a «preservare i giornali e i partiti di opposizione» che, presumibilmente, il presidente Allende cercava di annientare.

Kissinger, nella testimonianza del 19 settembre resa di fronte alla commissione di inchiesta del senato sulle relazioni internazionali, ebbe a ripetere che il coinvolgimento della Cia era stato autorizzato unicamente per preservare i partiti politici e i giornali minacciati dal regime. Mentre il segretario di Stato in un’occasione precedente nel 1974 aveva affermato innanzi al Congresso: « la Cia non ha avuto nulla a che fare con il golpe, per quanto ne so e credo», un portavoce del dipartimento di Stato il 29 settembre aveva notato che Kissinger presiedeva una commissione composta da quaranta membri e che generalmente le decisioni erano prese all’unanimità.
Secondo le fonti dei servizi segreti citate in un altro articolo comparso sul New York Times il 19 settembre, gran parte del denaro autorizzato dalla Cia per attività in Cile venne usato nel 1972 e nel 1973 per sostenere gli scioperi anti-Allende, in particolare lo sciopero dei camionisti del 1972. Tuttavia, le fonti insistevano sul fatto che scopo della amministrazione Usa non era stato quello di ribaltare il governo Allende, e poneva l’accento sul fatto che la richiesta da parte della confederazione dei camionisti nell’agosto 1973, un mese prima del golpe, per un incremento dei fondi d’aiuto, era stata rifiutata dalla Commissione dei quaranta, anche se non si negava la possibilità di "futuri stanziamenti a favore del sindacato dei camionisti".
Il New York Times del 20 ottobre di nuovo pubblicò l’informazione secondo cui la Cia , sei settimane prima del golpe contro Allende, aveva cercato di finanziare il Partito nazionale di destra.
("Keesing’s Contemporary Archives", 12-18 maggio 1975)

da: www.disinformazione.it




martedì 27 agosto 2013

La perquisizione dell'Ambasciatore svedese

Dopo il Golpe molti democratici cileni tentarono di sfuggire alla cattura rifugiandosi nelle ambasciate. Questo video mostra le azioni di repressione intorno alle ambasciate e la perquisizione dell'Ambasciatore svedese.

lunedì 26 agosto 2013

ll Cile del golpista Pinochet

« In Cile non si muove una foglia senza che io lo sappia. »
(Augusto Pinochet)


Fino al 27 giugno 1974 Pinochet era semplicemente il presidente della Giunta militare, leadership che avrebbe dovuto alternarsi con quelle dei comandanti delle altre forze armate. Da quella data assume il titolo di "Capo Supremo della Nazione", poi ufficializzato in Presidente del Cile, usato soprattutto dopo il trasferimento del generale alla Moneda ricostruita, e l'apparente smilitarizzazione del governo (Pinochet cominciò ad apparire in pubblico, nelle occasioni politiche e non militari, in abiti civili anziché in divisa). Il 17 dicembre 1974 è la data ufficiale dell'insediamento come presidente della Repubblica.


La violenza e il bagno di sangue del colpo di Stato continuarono però durante l'amministrazione di Pinochet. Una volta al potere, Pinochet governò con pugno di ferro. La tortura contro i dissidenti era pratica comune, sia per avere informazioni, sia come metodo per incutere terrore, in modo che, se un oppositore fosse stato rilasciato, non avrebbe più avuto la forza di impegnarsi politicamente. Molte delle persone sequestrate, a differenza di quanto avvenne in Argentina, furono poi rilasciate dopo tempi più o meno lunghi di detenzione, ma costrette all'esilio o all'isolamento sociale e politico (come accadde al futuro scrittore e regista Luis Sepúlveda). I dissidenti assassinati per aver pubblicamente parlato contro la politica di Pinochet venivano invece definiti "scomparsi" (desaparecidos). Non si sa esattamente quanta gente sia stata uccisa dalle forze del governo e dei militari durante i diciassette anni che rimase al potere, ma la Commissione Rettig, voluta dal nuovo governo democratico, elencò ufficialmente 2.095 morti e 1.102 "scomparsi". L'ultimo computo aggiornato, presentato nell'agosto 2011 da una commissione incaricata dal governo, porta il numero totale delle vittime a 40.018.
Migliaia di cileni lasciarono il Paese per sfuggire al regime. Tranne che per la strage dell'Estadio Nacional de Chile, Pinochet tentò di insabbiare questi crimini parlando di morti in scontri di guerriglia o di esiliati, anziché di sequestri e omicidi. Pinochet sostenne anche, interrogato in Inghilterra dopo la fine del regime, di non aver mai personalmente ordinato torture, ma solo di aver usato la mano dura sul comunismo, scaricando la responsabilità delle violenze sui capi della DINA, come Manuel Contreras.
La presidenza di Pinochet era frequentemente resa instabile da sollevazioni e da isolati attacchi violenti. I tentativi di assassinio erano comuni, il che aumentò la paranoia del governo e probabilmente alimentò il ciclo dell'oppressione. La situazione in Cile raggiunse l'attenzione internazionale nel settembre 1976 quando Orlando Letelier, un ex-ambasciatore cileno negli Stati Uniti e ministro del governo Allende, fu assassinato con un'autobomba a Washington. Il generale Carlos Prats, predecessore di Pinochet come comandante dell'esercito, che si era dimesso piuttosto che sostenere le azioni contro Allende, era morto in circostanze simili a Buenos Aires, Argentina due anni prima. Nell'ottobre del 1999, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d'America declassificò una collezione di 1.100 documenti prodotti da varie agenzie degli USA che trattavano degli anni che portarono al colpo di Stato militare. Uno di questi documenti diede indicazione della scala della collaborazione degli USA con Pinochet.
L'aiuto militare USA crebbe drammaticamente tra la venuta al potere di Allende nel 1970, quando ammontava a 800.000 dollari all'anno, fino a 10,9 milioni di dollari nel 1972, quando avvenne il colpo di Stato. Il 10 di settembre del 2001, una causa fu intentata dalla famiglia del generale René Schneider, una volta capo dello staff del generale cileno, accusando il precedente Segretario di Stato Henry Kissinger di aver preparato il suo assassinio nel 1970 per essersi opposto al colpo di Stato militare. Nonostante il regime di Pinochet sia durato 17 anni, non tutti i Paesi riconobbero il nuovo Governo. L'Italia e la Svezia non riconobbero mai il cambio degli ambasciatori, e formalmente rimasero in carica quelli nominati da Salvador Allende. (Wikipedia)

domenica 25 agosto 2013

L'ultima canzone di Victor Jara

L'11 settembre 1973 Víctor Jara fu arrestato dai militari fascisti di Pinochet. La maggior parte dei prigionieri politici vennero rinchiusi nel grande Estadio Nacional; altri in un piccolo complesso sportivo (non calcistico: vi si tengono partite di pallacanestro, pallavolo e calcetto e, all'epoca, serviva anche per le riunioni di pugilato; si tratta quindi di un palazzetto dello sport) detto "Estadio Chile". Situato nella parte occidentale di Santiago, era stato inaugurato nel 1949.  Víctor Jara vi rimase e vi fu assassinato. La data della sua morte è incerta: per alcuni risale al 16 settembre, ma non si tratta probabilmente della data esatta. Con mezzi di fortuna, continuò a comporre canzoni e poesie; questa è la sua ultima.

Gli furono prima spezzate le mani in mezzo alle grida di scherno di quei militari di merda ("Su, cantaci una canzoncina ora!"), poi gli furono tagliate. Fu poi ucciso. Gli venne trovato in tasca, dalla moglie Joan Turner che era venuta a riprendere il cadavere, un foglietto con questa canzone, recante la data del 23 settembre 1973; questa è probabilmente la data della sua morte.  Lo "Stadio Chile" si chiama, dal settembre 2003, trentennale del golpe fascista e dell'assassinio di migliaia di prigionieri politici,Estadio Víctor Jara. Una canzone senza musica, sebbene Pete Seeger la abbia poi musicata e cantata in inglese. L'estremo atto di sfida di un uomo coraggioso e intelligente ai suoi stupidi aguzzini. 
(Riccardo Venturi in "Canzoni contro la guerra")

Questo è il testo del brano

Somos cinco mil aquí
en esta pequeña parte la ciudad.
Somos cinco mil.
¿Cuántos somos en total
en las ciudades y en todo el país?
Sólo aquí,
diez mil manos que siembran
y hacen andar las fábricas.
Cuánta humanidad
con hambre, frío, pánico, dolor,
presión moral, terror y locura.

Seis de los nuestros se perdieron
en el espacio de las estrellas.
Uno muerto, un golpeado como jamás creí
se podría golpear a un ser humano.
Los otros cuatro quisieron quitarse
todos los temores,
uno saltando al vacío,
otro golpeándose la cabeza contra un muro
pero todos con la mirada fija en la muerte.
¡Qué espanto produce el rostro del fascismo!
Llevan a cabo sus planes con precisión artera
sin importarles nada.
La sangre para ellos son medallas.
La matanza es un acto de heroísmo.
¿Es este el mundo que creaste, Dios mío?
¿Para esto tus siete días de asombro y de trabajo?
En estas cuatro murallas sólo existe un número
que no progresa.
Que lentamente querrá más la muerte.

Pero de pronto me golpea la consciencia
y veo esta marea sin latido
y veo el pulso de las máquinas
y los militares mostrando su rostro de matrona
llena de dulzura.
¿Y México, Cuba y el mundo?
¡Qué griten esta ignominia!
Somos diez mil manos
menos que no producen.
¿Cuántos somos en toda la patria?
La sangre del compañero Presidente
golpea más fuerte que bombas y metrallas.
Así golpeará nuestro puño nuevamente.

Canto, qué mal me sabes
cuando tengo que cantar espanto.
Espanto como el que vivo
como el que muero, espanto.
De verme entre tantos y tantos
momentos de infinito
en que el silencio y el grito
son las metas de este canto.
Lo que veo nunca vi.
Lo que he sentido y lo que siento

harán brotar el momento...

Traduzione italiana


Siamo in cinquemila, qui,
In questa piccola parte della città.
Siamo in cinquemila.
Quanti siamo, in totale,
Nelle città di tutto il paese?
Solo qui
Diecimila mani che seminano
E fanno marciare le fabbriche.
Quanta umanità
In preda alla fame, al freddo, alla paura, al dolore,
Alla pressione morale, al terrore, alla pazzia.

Sei dei nostri si son persi
Nello spazio stellare.
Uno morto, uno colpito come non avevo mai creduto
Si potesse colpire un essere umano.
Gli altri quattro hanno voluto togliersi
Tutte le paure
Uno saltando nel vuoto,
Un altro sbattendosi la testa contro un muro,
Ma tutti con lo sguardo fisso alla morte.
Che spavento fa il volto del fascismo!
Portano a termine i loro piani con precisione professionale
E non gl'importa di nulla.
Il sangue, per loro, son medaglie.
La strage è un atto di eroismo.
È questo il mondo che hai creato, mio Dio?
Per tutto questo i tuoi sette giorni di riposo e di lavoro?
Tra queste quattro mura c'è solo un numero
Che non aumenta.
Che, lentamente, vorrà ancor più la morte.

Ma all'improvviso mi colpisce la coscienza
E vedo questa marea muta
E vedo il pulsare delle macchine
E i militari che mostrano il loro volto di matrona
Pieno di dolcezza.
E il Messico, Cuba e il mondo?
Che urlino questa ignominia!
Siamo diecimila mani
In meno che producono.
Quanti saremo in tutta la patria?
Il sangue del Compagno Presidente
Colpisce più forte che le bombe e le mitraglia.
Così colpirà di nuovo il nostro pugno.

Canto, che cattivo sapore hai
Quando devo cantar la paura.
Paura come quella che vivo,
Come quella che muoio, paura.
Di vedermi fra tanti e tanti
momenti di infinito
in cui il silenzio e il grido
sono i fini di questo canto.
Ciò che ho sentito e che sento

Farà sbocciare il momento.