lunedì 30 settembre 2013

Selezione di prime pagine di alcuni giornali italiani nei giorni del golpe di Pinochet

Selezione di prime pagine di alcuni giornali italiani nei giorni del golpe di Pinochet. 
Video a cura di Enrico Omodeo Salè, prodotto dal comitato "Novara Cile 11-09-73 11-09-13". Si ringrazia la Biblioteca Civica di Torino e l'istituto di studi storici Gaetano Salvemini. 
Musiche: Amerindios - Vamos Chile Victor Jara - Manifiesto IntiIllimani - Cancion del poder popular

mercoledì 25 settembre 2013

Lunedì ci vediamo alla Cascina Graziosa

Continuano le iniziative del Comitato “Novara-Cile 11 Settembre 1973-11 Settembre 2013” per i 40 anni del colpo di Stato in Cile operato dal generale Pinochet.
Lunedì 30 Settembre, alle ore 21 15, alla Cascina Graziosa di Casalino, in collaborazione con il Cineforum Nord e con l’Associazione Ricreativa Culturale di Novara, avverrà la proiezione del film-documentario SALVADOR ALLENDE (2004 – Cile, Belgio, Germania, Messico).
La regia del film è di Patricio GUZMAN
Interpreti: Salvador Allende, Fidel Castro, Henry Kissinger, Richard Nixon, Augusto Pinochet.

Per recarsi alla Cascina Graziosa prendere la Novara-Vercelli. Dopo un chilometro, circa, sulla sinistra c’è un cartello stradale con la scritta: CASCINA GRAZIOSA

lunedì 23 settembre 2013

Il manifesto dell'ARCI

rielaborazione grafica del manifesto per il concerto all'Arena di Verona del '75, fatta dall'Arci nazionale per la commemorazione. 

venerdì 20 settembre 2013

Aria di Golpe, uno spettacolo particolare di Dario Fo e Franca Rame

Regia: Armando Ceste
Casa di produzione: Index, Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, A.C. Cinema & Video
Anno: 1994
Abstract: 1973. Il 27 ottobre, al Palazzetto dello Sport di Torino, Dario Fo e Franca Rame, con la compagnia teatrale La Comune, rappresentarono, in prima assoluta, lo spettacolo: "Guerra di popolo in Cile". 
Una produzione militante, messa in scena in pochi giorni, per sottolineare l'urgenza di un impegno di forte testimonianza politica, contro il colpo di stato realizzato poche settimane prima (11 settembre) dai militari in Cile contro il legittimo governo Allende.
Lo spettacolo intendeva anche richiamare l'attenzione su analoghi pericoli che potevano presentarsi in Italia.
E' in questa atmosfera che Dario Fo e Franca Rame andarono in scena quella sera del 27 ottobre del 1973, coinvolgendo i diecimila spettatori presenti al Palazzetto dello Sport di Torino, in uno straordinario e indimenticabile "coup de theatre" finale.
Dario Fo e Franca Rame, con tutta la compagnia, finsero, all'insaputa di tutti, un intervento repressivo, di tipo "cileno", da parte della polizia. Tra le urla e i fischi di un pubblico che non si era accorto dell'inganno, si svolgeva un'altra rappresentazione, ammonitrice di un pericolo incombente forse anche in Italia.
Il materiale sul golpe in Cile è conservato presso l'Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico.
Lo spettacolo è "Guerra di popolo in Cile" del collettivo teatrale La Comune con: Dario Fo, Franca Rame, Piero Sciotto, Cicciu Busacca, Carpo Lanzi.
La canzone "Hanno fucilato una chitarra" è di Dario Fo.
Le riprese del 1973, al Palazzetto dello Sport di Torino, sono state effettuate da Armando Ceste per il Collettivo Cinema Militante di Torino, con una videocamera portatile Shibaden da 1/2"

lunedì 16 settembre 2013

Le ragioni della nazionalizzazione (estratto dall'atto con cui Salvador Allende nazionalizza le miniere di rame)

«Nel corso del suo sviluppo storico, la nostra nazione ha faticosamente conquistato il diritto di disporre di se stessa e di esser padrona delle sue risorse naturali. Questo diritto, oggi universalmente riconosciuto, il Cile lo esercita nel nazionalizzare le grandi imprese minerarie del rame e la Compagnia Mineraria Andina. E lo fa in termini socialmente giustificati, teoricamente fondati e scrupolosamente applicati. 
Le relazioni economiche internazionali che ha finora subito il nostro popolo si basano su una struttura costituzionalmente ingiusta, che impone ai paesi dipendenti decisioni adottate unilateralmente dai paesi egemoni. Questa unilateralità, violando perfino degli impegni pubblicamente contratti, ha gravemente pregiudicato gli interessi economici dell’America Latina e del Cile in particolare. L’uguaglianza formale, che il diritto e la coscienza universali riconoscono a tutti gli Stati, viene ad essere intrinsecamente limitata, quando non addirittura beffata, dall’uso che alcuni Stati fanno del proprio potere, per sottomettere di fatto altri Stati. Non è possibile parlare propriamente di libertà e dignità nelle relazioni fra i popoli, quando i loro mezzi di produzione fondamentali, le risorse vitali per la loro sopravvivenza, sono stati carpiti o assoggettati da un piccolo gruppo di grandi imprese che perseguono il proprio lucro a spese del sottosviluppo e dell’arretratezza delle masse dei paesi in cui si sono stabilite. [...]
Se è naturale che ogni paese decida liberamente per quanto concerne le attività che determinano il suo destino di popolo, è ancora più legittimo, se possibile, che quelle economie condannate dalla divisione internazionale del lavoro a una struttura di monoesportazione [esportazione di un solo prodotto, in questo caso il rame, n.d.r.], cessino di vedere la loro ricchezza fondamentale alienata [ceduta, n.d.r.] a favore del lucro smisurato di imprese straniere. Con un atto di piena sovranità nazionale, il Cile ha deciso di recuperare per sé la proprietà delle fonti di produzione più decisive per il suo presente e il suo futuro, da cui dipende la sorte della battaglia che esso sostiene per sottrarre la grande maggioranza del suo popolo alla miseria materiale, allo sfruttamento umano interno e alla subordinazione allo straniero...».

M. CARMAGNANI, L’America Latina dal 1880 ai nostri giorni, Sansoni, Firenze 1973

domenica 15 settembre 2013

C’E’ QUALCUNA, QUALCUNO che ha voglia di rimettere in gioco i suoi pregiudizi…?

Pinochet nel 1988 indisse un referendum per ottenere da un voto popolare la riconferma della sua Presidenza conquistata con il Golpe del 1973.
Pablo Larrain ne “I giorni dell’arcobaleno” che abbiamo proiettato mercoledì 11 all’Araldo (pieno) ci ha raccontato la storia della campagna elettorale referendaria dove si incontrarono/scontrarono tre tesi.
Quella di coloro che alla vittoria anteponevano l’esigenza di una campagna accentrata sui valori antagonisti alla dittatura
Quella di coloro che per la vittoria puntavano alla celebrazione del generale golpista
Quella del giovane pubblicitario che legava la vittoria ad un messaggio gioioso, positivo, di allegria con il quale sconfisse clamorosamente il “gruppo di potere” militare economico su cui poggiava la dittatura.
Una storia di estrema attualità che ancora una volta lega le vicende cilene a quelle italiane.
C’è qualcuna, qualcuno che - anche senza aver visto il film – ha voglia di discutere dei “fondamentali” della democrazia.?
Se sì, venga
GIOVEDI’ 19 ALLE ORE 21 AL CENTRO SERVIZI VOLONTARIATO (Via Monte Ariolo 12 – la prima a sinistra dopo la Chiesa del Monserrato – venendo da piazza Cavour) ed insieme parliamo:

DELLE FORME E DEI CONTENUTI PER LA CONQUISTA DEL CONSENSO POPOLARE ALLE ELEZIONI

Proviamo ad uscire dai discorsi ripetitivi e bugiardi di cui sono pieni i media.

venerdì 13 settembre 2013

I Faith No More: Señor Pinochet, ti odio


«Señor Pinochet it's gonna hate you!!"», così i Faith No More, uno dei gruppi più importanti della scena alternative metal statunitense modificano "Ricochet", una loro popolarissima canzone, in occasione del primo tour cileno del nuovo millennio. 

giovedì 12 settembre 2013

Tanta gente all'Araldo per "No"

L'11 settembre 2013 una vera e propria coda davanti all'ingresso del cinema "Araldo" ha segnato l'inizio vero e proprio delle iniziative del Comitato Novara-Cile. 
Un ringraziamento a tutti e un augurio che si continui così anche nei prossimi appuntamenti meno... spettacolari ma ugualmente interessanti.

lunedì 9 settembre 2013

Mercoledì 11 settembre alle ore 21.15 al Cinema Araldo c'è "NO"

Mercoledì 11 settembre alle ore 21.15 ci troviamo tutti al Cinema Araldo di Novara per guardare un film un po' speciale che racconta una altrettanto speciale campagna elettorale destinata a chiudere l'era di Pinochet. Prima della proiezione del film verrà presentato anche un video – prodotto dal Comitato Novara-Cile e curato da Enrico Omodeo Salé – “sulla tragedia cilena vista dalle prime pagine dei maggiori quotidiani italiani nei giorni successivi al Golpe”

Il ricordo di Darwin Pastorin - Quel settembre 1973 (per il Cile) a Torino


Quel settembre 1973 (per il Cile) a Torino

Ho prenotato i biglietti per me e per la mia a compagna: 15 settembre, teatro Colosseo a Torino, concerto degli Inti-Illimani. Per ricordare, quarant'anni dopo, il golpe che spezzò il sogno di Salvador Allende e della Unidad Popolar. Cominciarono gli anni neri di Augusto Pinochet e degli altri assassini in divisa. Il tutto con la complicità della Cia.
L'11 settembre 1973 il Palazzo della Moneda venne bombardato, Allende si suicidò dopo un discorso alla radio, rivolgendosi al suo popolo, alla sua gente, ai militanti comunisti e socialisti, orgoglioso e commovente. La notizia arrivò come un pugno in faccia, avevo diciassette anni ed ero (come lo sono adesso) di sinistra. Sognavo un mondo migliore, senza violenza, uguale per tutti, Che Guevara era il nostro faro. Non potevamo credere a quell'ennesimo sfregio all'America Latina. Santiago divenne la capitale della nostra rabbia e della nostra lotta. A Torino ci fu, subito, una grande mobilitazione.
Pochi giorni dopo il colpo di stato, un compagno anarchico arrivò al liceo con una notizia: domani corteo per il Cile e poi tutti al palasport Ruffini. Ci saranno Dario Fo e Franca Rame, Paolo Pietrangeli e, soprattutto, gli Inti-Illimani, che si trovavano, per loro buona sorte, in Italia.
Per quel giorno avevo previsto di tagliare da scuola e di andare con una mia amica, di un'altra sezione, a Bardonecchia, dove i miei avevano una casa. Ma come potevo dire di no a quella manifestazione? Tra l'amore e la politica, prevalse quest'ultima.
Fu una notte indimenticabile. Gli Inti-Illimani cantarono e suonarono con dolore e con passione, le loro canzoni riempivano i nostri cuori. Pietrangeli propose Contessa, che tutti noi conoscevano a memoria: perché "se il vento fischiava ora fischia più forte, le idee di rivolta non sono mai morte". Poi, arrivarono Dario e Franca.
Ricostruirono gli ultimi minuti di due ragazzi, fedeli al presidente Allende, che, da una emittente clandestina, invitavano operai e studenti a scappare, a trovare un rifugio sicuro. Ma, dopo poco, arrivarono i militari. I ragazzi sentirono i loro passi robusti, ma non smisero di parlare: fino a quando i fucili non spensero le loro voci giovani e coraggiose. Dario e Franca resero quegli attimo reali, alla fine avevamo i pugni alzati e le lacrime agli occhi.
Tornai a casa a piedi, con ancora dentro di me quella musica, quelle parole, quel senso di smarrimento. Quarant'anni dopo andrò a riascoltare e ad applaudire gli Inti-Illimani. Perché non ho dimenticato e non dimenticherò mai cosa accadde in Cile quell'11 settembre 1973.

sabato 7 settembre 2013

Un corto su Unidad Popular

Un corto di grande efficacia (in spagnolo) racconta le speranze e la forza del progetto di Unidad Popular

venerdì 6 settembre 2013

"La settimana del libro cileno" dà il via alle iniziative per ricordare

Da Sabato 7 settembre presso la libreria “LA LIBRERIA” in “piazzetta delle erbe” a Novara inizia LA SETTIMANA DEL LIBRO CILENO: IL ROMANZO E LA POESIA. Durerà fino a Domenica 15 Settembre e prevede uno sconto del 15% per ogni volume acquistato. È la prima delle iniziative prevista dal Comitato Novara Cile per ricordare l'esperienza di Unidad Popular a quarant'anni dal golpe che l'ha cancellata nel sangue

giovedì 5 settembre 2013

I mille giorni di Allende (quinta e ultima parte)


Nel '72 partono le proteste più insidiose: ad agosto i commercianti al dettaglio dichiarano lo sciopero generale poi tocca ai camionisti. La scintilla è "il sospetto dell'intenzione" di creare un apparato pubblico di trasporti nella provincia di Aysen, ma sotto cova la rabbia dei ceti medi. È una battaglia campale, quella che si apre sotto la direzione di Leòn Villarin, segretario del sindacato dei trasporti. Il paese viene spezzato in due. I commercianti abbassano le serrande, i sostenitori del governo assaltano i negozi chiusi. Medici, avvocati, scuole e università scendono in sciopero; gli imprenditori proclamano la serrata. Gli operai replicano con le occupazioni. Di notte nei quartieri alti echeggia il suono delle casseruole, mentre i camioneros c Patria y Libertad, un gruppuscolo di destra, disseminano le strade di bande chiodate. Il Cile è un paese in ginocchio, come volevano gli Usa; che ottengono il risultato con poca spesa grazie al cambio nero e alla svalutazione; è la CIA a finanziare gli scioperanti, i 10 mila camionisti, con oltre un milione di dollari.

Vadano a Miami con le loro zie - recitava Pablo Neruda di fronte all'esodo dei borghesi - . Io rimango a cantare con gli operai in questa storia e geografia nuove". Occorrerebbe una forte disciplina rivoluzionaria capace di fornire un'arma al governo per raddrizzare, con una politica di austerità i conti con l'estero e riavviare gli investimenti. Invece si innesca una spirale di nuove rivendicazioni: nei primi due anni di UNIDAD POPULAR , gli scioperi aumentano del 170 per cento. Di fronte alla crisi ci vorrebbe una reazione decisa e chiara del governo. Ma qui esplodono le divisioni della coalizione tra riformisti e rivoluzionari e il dissenso insanabile tra il partito comunista e il Mir.
Il paese, intanto, sembra destinato a un assurdo muro contro muro. Nemmeno le elezioni offrono una via d'uscita: il voto per il parlamento del marzo '73 dà infatti alla coalizione di sinistra la stessa percentuale del '69. Non è abbastanza per ridare solidità al governo, ma è più che sufficiente per impedire che la destra (comunque in crescita del 4,4%) chieda la destituzione di Allende (per rimuovere il capo dello stato occorrono i voti di due terzi del congresso).
La vera novità della campagna elettorale del '73 è che essa si svolge sotto l'attenta supervisione delle forze armate. È dall'aprile '72 che un militare siede nella poltrona di ministro dell'interno. Lo ha deciso Allende di fronte ai conflitti della coalizione, paralizzata per i dissensi legati alla nomina di un ministro delle Miniere. "Qual è la situazione delle forze armate ?" chiede a bruciapelo ad Allende il presidente algerino Houari Boumedienne, durante la tappa del capo dello stato cileno verso Mosca. Lui risponde sottolineando la tradizionale neutralità politica dei generali cileni e spiega come li ha fatti entrare nel governo. Se non riuscirete ad estirpare radicalmente quanto vi è di reazionario nell'esercito - replica Boumedienne - non vedo un grande futuro per voi…".
Da maggio la situazione precipita. In una riunione a sostegno del governo di 800 ufficiali della guarnigione di Santiago, il generale Carlos Prats viene fischiato. Tra i pochi solidali con Prats c'è un generale destinato a diventare tristemente famoso: Augusto Pinochet Ugarte. Nello stesso mese Allende e costretto a dichiarare lo stato di emergenza per arginare gli scontri tra le opposte fazioni. Ma, con i militari fuori dal governo (per loro scelta) dopo il rimpasto di primavera l'autorità di Allende è oramai ai minimi. La Democrazia Cristiana ha scelto il suo nuovo segretario. È Patricio Alwin, dell'ala destra intransigente. Anche la chiesa, contraria alla riforma scolastica, si schiera contro il governo.Il 29 giugno si verifica il primo tentativo di golpe con il colonnello Souper che, a capo di un reggimento di blindati, intima la resa della guardia del palazzo della Moneda. Ma il putsch fallisce. Quando Allende arriva alla Moneda c'è solo qualche sparo isolato e, quel più conta, il numero dei generali fedeli è rassicurante. Tra loro c'è anche Augusto Pinochet che, nel suo libro, definisce questo colpo di stato una prova per esplorare la capacità di difesa del governo e lo schieramento delle forze all'interno dell'esercito. E per valutare anche quale fosse la vera popolarità del presidente che, nella stessa sera, venne fischiato dai militanti dell'estrema sinistra che vogliono chiudere il congresso.
Dopo aver formato il nuovo governo Allende assiste, il 22 agosto, alle dimissioni di Prats e di altri militari. Gli alti gradi della Marina e dell'Aviazione stanno intanto preparando il golpe. Sono loro a lanciare l'ultimatum al capo di stato maggiore dell'esercito, ovvero Pinochet: o con noi o contro. E Pinochet, scaltro, alla fine decide di impegnarsi. Quando l'11 settembre 1973 Allende prova a mettersi in contatto  con Pinochet, non risponde nessuno. "Avranno già arrestato Augusto" pare che abbia esclamato.

(estratti dall'omonimo articolo di Ugo Bertone pubblicato su STORIA ILLUSTRATA nel giugno 1999 e reperibile integralmente su http://www.ossimoro.it.)

mercoledì 4 settembre 2013

I mille giorni di Allende (quarta parte)

Con una trovata degna di Evita Peròn si annuncia che i migliori alunni della scuola primaria trascorreranno l'estate nel palazzo presidenziale di Viña del Mar, assieme a Salvador. C'è spazio pure per il Palazzo del Matrimonio, in questa stagione di rivincite, culminata nella "Giornata della Dignità Nazionale", il 15 luglio del 1971, quando il congresso approva all'unanimità la nazionalizzazione del rame affidando ad Allende la questione degli indennizzi: le grandi compagnie americane non avranno un solo dollaro. Nel dicembre 1971 il numero di banche e industrie controllate dallo stato è già raddoppiato da 31 a 62, mentre altre 39 imprese risultano requisite in nome della legge che prevede l'intervento pubblico quando non vengano assicurati servizi essenziali alla comunità. Nelle campagne vengono espropriate 1300 proprietà fondiarie.
È una strategia che funziona, in un primo momento. Nell'aprile '71 UNIDAD POPULAR stravince le elezioni comunali, ottenendo la maggioranza assoluta, con il 50,86%. Mai, del resto, i cileni si sono sentiti cosi ricchi: grazie a forti stimoli all'economia il prodotto interno lordo cresce dell'8,6% mentre la disoccupazione si dimezza nel giro di pochi mesi e l'inflazione scende dal 34 al 22 per cento. Crescono i consumi e, di riflesso, le importazioni, ma grazie alle alte quotazioni del rame a fine anni '60, Allende si ritrova in cassa massicce riserve valutarie. Il teorema del ministro del Lavoro Pedro Vuskovic è di una semplicità disarmante: pompare nell'economia tutta la liquidità possibile (il circolante aumenta in un anno del 110%), accrescendo la spesa pubblica (+70%). L'aumento della domanda avrebbe prodotto un aumento della produzione e un parallelo calo della disoccupazione.
Il ciclo virtuoso sembra inattaccabile, ma la luna di miele finisce presto. Già nell'ottobre 1971 gli investimenti sono in caduta libera (-71,3%), nonostante la forte crescita dell'impiego statale. La caduta del prezzo del rame, a causa della congiuntura internazionale (e della pressione delle corporation USA) fa precipitare il valore delle esportazioni proprio quando crescono le importazioni dei beni essenziali: in un anno le riserve crollano da 343 a 32 milioni di dollari, le importazioni di macchinari industriali del 22%. Intanto gli USA sono di parola: grazie alle pressioni sulla Banca Mondiale e sul Banco Interamericano de Desarrollo i crediti passano dai 300 milioni di dollari all'anno dell'era Frei a meno di 30. Non ci sono soldi nemmeno per i pezzi di ricambio: nel 1972 un autobus su tre e un taxi su cinque è fuori uso. Il quadro economico peggiora, inoltre, per l'esodo di massa della borghesia. Nel solo settembre 1970, prima ancora dell'insediamento di Allende, scappano in 12 mila, presto seguiti da altri 17 mila. Negli stessi giorni lasciano le banche cilene 87 milioni di dollari.

(estratti dall'omonimo articolo di Ugo Bertone pubblicato su STORIA ILLUSTRATA nel giugno 1999 e reperibile integralmente su http://www.ossimoro.it.)

martedì 3 settembre 2013

I mille giorni di Allende (terza parte)

La partita si gioca tra la metà di settembre e il 24 ottobre, data in cui il congresso si riunisce per l'elezione del presidente. E gli Stati Uniti non esitano a praticare, fin da subito, il gioco duro. "Deve sapere - scrive l'ambasciatore USA Korry al presidente. uscente Frei - che non lasceremo arrivare in Cile una sola vite o un solo dado, sotto Allende. Se Allende assumerà il potere faremo tutto il possibile per condannare il Cile e i cileni alle più dure privazioni e miserie. Non si faccia illusioni signor Frei".Proprio Eduerdo Frei era l'interprete necessario del piano uno: far eleggere Alessandri in parlamento, spingendo i democristiani, contro la consuetudine costituzionale, a favore del secondo arrivato. Alessandri si sarebbe dovuto dimettere subito dopo per indire nuove elezioni con Frei candidato unico contro le sinistre.È un piano che il presidente uscente rifiuta seccamente, anche se non si fa illusioni sul futuro del paese."Frei - scrive Carlos Prats, il generale che parteciperà più avanti al governo Allende - ha riunito me, il generale dei carabineros e i comandanti delle forze armate per dirci che l'ascesa al potere di Allende ci farà cadere irreversibilmente nel marxismo". Ma almeno per ora, regge il filo della collaborazione democratica tra UNIDAD POPULAR e la Democrazia cristiana. Allende accetta un emendamento alla carta costituzionale in base a cui l'esecutivo garantisce espressamente libertà civili, libere elezioni e libertà di espressione e la DEMOCRAZIA CRISTIANA, pur tra contrasti interni, decide di schierarsi con il vincitore delle elezioni, anche perché, a convincere gli incerti, arriva l'esito, disastroso, di "Track II" il piano di riserva della CIA che prevede di sequestrare, con l'aiuto di un paio di gruppuscoli vicini alla destra cilena e alle forze armate, il comandante in capo dell'esercito René Scneider, vicino agli americani, ma colpevole di voler rispettare la tradizione di non intervento dei militari. Il rapimento di Schneider avrebbe dovuto suscitare l'indignazione dell'esercito, l'ammutinamento e la cacciata di Allende. L'operazione deve essere condotta da cileni, ma tutta la logistica è curata dall'addetto militare americano a Santiago Paul Wimert che organizza le riunioni, prepara il piano, fornisce la armi (di fabbricazione cilena, sottolineerà in seguito Kissinger, nel tentativo di sostenere l'estraneità Usa). L'agguato a Schneider però non riesce. Il generale, quando una mazza sfonda il vetro della sua automobile, estrae la pistola per difendersi e gli assalitori sparano. Schneider morirà due giorni dopo, i cospiratori vengono ben presto individuati e il complotto sortisce l'esito opposto: Allende e Frei, assieme ai generali delle forze armate sfilano per le vie di Santiago alla testa di un corteo funebre. Il congresso, pochi giorni dopo elegge Allende alla massima carica della repubblica. È il 3 novembre 1970, davanti alla Moneda sfila un corteo impressionante di tv e reporter da tutto il globo. Il Cile, per la prima volta nella sua storia, non è periferia del mondo. E Pablo Neruda, il poeta comunista che ha ritirato la sua candidatura alle elezioni per dare spazio ad Allende può declamare: "Dai deserti di salnitro, dalle miniere sommerse di carbone, dalle alture terribili dove si trova il rame che le mani del mio popolo estraggono con fatica disumana è sorto un movimento liberatore di enormi proporzioni che ha portato alla presidenza del Cile un uomo chiamato Salvador Allende, perché realizzi atti di giustizia improrogabili".

E quell'improrogabile è un po' la nota che caratterizza il primo governo di Salvador Allende, una sorta di patchwork cucito con vecchi volpi parlamentari e volti nuovi. Per la prima volta quattro ministeri chiave (Finanze, Lavori pubblici, Case e Lavoro) vengono affidati a semplici operai. Allende ha fretta, non vuole sprecare la "luna di miele" con il paese. Il primo anno di UNIDAD POPULAR si trasforma così in una baldoria di conquiste quasi impossibili, "una festa e un dramma", come la definirà il sociologo Tomàs Moulian. Allende lancia, innanzi tutto, il programma dei 40 provvedimenti: primo fra tutti la distribuzione de mezzo litro di latte al giorno ai bambini cileni, che sembra un bel gesto finché non se ne conosce il costo enorme, cento milioni di dollari. Ma il presidente non si ferma. " I nostri proponimenti - replica agli scettici - potranno sembrare troppo semplici a coloro che preferiscono le grandi promesse, ma il popolo ha bisogno di alloggiare la famiglia in case decenti, di far istruire e figli in scuole che non siano solo per i poveri, di mangiare a sufficienza ogni giorno dell'anno; il popolo ha bisogno di lavoro, di protezione nella malattia e nella vecchiaia, di rispetto per la persona ". E sull'onda di queste parole nasce il "Treno della Salute", mentre l'istruzione primaria diventa gratuita e vengono ridotte le tasse per quella secondaria.


(estratti dall'omonimo articolo di Ugo Bertone pubblicato su STORIA ILLUSTRATA nel giugno 1999 e reperibile integralmente su http://www.ossimoro.it.)

lunedì 2 settembre 2013

I mille giorni di Allende (seconda parte)


L'azione degli Stati Uniti è certamente una delle cause che hanno portato alla fine tragica dell'esperienza cilena dopo mille giorni di governo. Ma questa considerazione non deve far trascurare il fatto che il sogno rivoluzionario di Allende nasce già debole in un paese diviso, sia da un punto di vista politico sia da quello delle condizioni sociali ed economiche. E questa fragilità accompagnerà sempre l'esperimento Allende.

Tanto per cominciare il candidato delle sinistre non dispone della maggioranza assoluta. Per Allende, nel 1970, ha votato poco più di un milione di cittadini (1.070.334 voti), il 36,2% dell'elettorato, contro gli 821. 501 suffragi" (il 27,4 %) raccolti da Rodomiro Tomic, il candidato della Democrazia Cristiana che si è presentato agli elettori con un programma radicale che prevede espropri a vantaggio degli agricoltori e la nazionalizzazione delle miniere di rame. Soprattutto, però, l'alleanza delle sinistre (comunisti, socialisti, radicali e socialdemocratici) ha battuto di misura Jorge Alessandri, ex primo ministro sostituito nel '64 dal democristiano Eduardo Frei candidato dalla destra, che ha raccolto 1.031.159 voti, ovvero 39.175 in meno di Unidad Popular. Allende è in testa, insomma, ma di poco. E molti attribuiscono il sorpasso ai danni di Alessandri all'infelice conferenza tv del candidato di destra, apparso tanto vecchio da rasentare il rimbambimento ("Vedete che le mie mani non tremano!" disse lo stesso Alessandri davanti alle telecamere il giorno del voto, cercando con poco successo di rimediare alla magra figura). La grande rivoluzione nasce quindi da una vittoria elettorale risicata, tutt'altro che trionfale a un'analisi approfondita perché le sinistre oltre tutto non sono nemmeno in ascesa. Nelle elezioni del '70 le sinistre avevano ottenuto infatti, una percentuale di voti inferiore a quella raggiunta nel '64 (quando Allende ottenne il 38% abbondante nonostante i massicci aiuti della CIA al candidato democristiano) tra i nuovi elettori, nel '70, Unidad Popular ottiene solo il 13,3 % dei voti. La frana della democrazia cristiana, dopo le delusioni della rivoluzione nella libertà di Edoardo Frei, aveva portato quindi più consensi alla destra che non alla sinistra radicale. Nella stessa Democrazia cristiana, poi, buona parte dell'elettorato e del partito erano senz'altro a destra delle posizioni espresse da Tomic.
Anche il panorama economico non è dei più favorevoli. L'avvio della nazionalizzazione delle miniere di rame non ha portato  i frutti sperati con i debiti del Cile che sono saliti oltre il livello di guardia, al punto che metà dell'export serve a pagare gli interessi. L'indipendenza economica, inoltre, resta un sogno, visto che il 60% dell'import è legato agli Stati Uniti, mentre la moderata crescita dei consumi della metà degli anni '60, la chiave del riformismo di Frei, si è tradotta in un esplosione inflazionistica. A Melipilla, non lontano dalla capitale, i contadini occupano 44 haciendas agricole e Alessandri, il candidato della destra, non riesce a raggiungere il sud del paese perché i minatori sbarrano la ferrovia al suo passaggio. Anche la destra fa le prime prove di saldatura tra gli interessi della grande borghesia e i ceti medi, ma la vera, ben più inquietante, novità è il maggiore attivismo di un nuovo protagonista, fino ad allora eccezione nel panorama latino-americano, assente dalla scena politica: l'esercito. Il 29 settembre 1969, un anno prima dell'elezione di Allende il reggimento di Yungai, punti di diamante dell'esercito, arriva in ritardo al Te Deum in onore del presidente della Repubblica. È un atto di insubordinazione (che costa il posto a sei ufficiali) presto imitato il generale Viaux, comandante del primo corpo d'armata, occupa una caserma di Santiago per protesta contro le paghe basse dell'esercito. Una rivendicazione sindacale destinata a rientrare, ma anche una inquietante spia d'allarme. È questo il Paese che Allende dovrà governare. Ma prima, poiché nessuno ha ottenuto la maggioranza assoluta, spetterà al congresso scegliere tra i due candidati che hanno riportato il maggior numero di suffragi.

(estratti dall'omonimo articolo di Ugo Bertone pubblicato su STORIA ILLUSTRATA nel giugno 1999 e reperibile integralmente su http://www.ossimoro.it.)

domenica 1 settembre 2013

i mille giorni di Allende (prima parte)

Alle 2.50 del  5 settembre 1970 un terremoto politico investe l'America latina. Lo spoglio delle schede è finito: Salvador Allende, medico, socialista, candidato di Unidad Popular, al suo quarto tentativo, ha conquistato la maggioranza relativa alle elezioni presidenziali cilene. Su quello strano paese, lungo più di 4 mila chilometri ma largo non più di 200, si accendono i riflettori del mondo. Per la prima volta un marxista può diventare capo di un governo nell'emisfero Ovest grazie a una vittoria elettorale e non a una insurrezione armata. Da Roma e da Parigi, capitali del marxismo occidentale, arrivano a Santiago del Cile legioni di giornalisti, analisti politici, semplici militanti ansiosi di capire come reagirà il laboratorio all'inedita formula cilena.
E  l'attenzione è tanto più giustificata se si guarda alle ambizioni di Salvador Allende Gossens, 61 anni, marxista e massone, figlio di un avvocato, dal '52 ostinatamente impegnato a cercare una "via cilena" al socialismo democratica e pacifica, ma non per questo meno radicale. "Caro Allende, tu con altri mezzi cerchi di ottenere la stessa cosa" gli ha scritto Che Guevara, dedicandogli una copia del suo libro "La guerra di guerriglia". E il Che ha ragione: anche Allende vuole la rivoluzione, la sovversione degli equilibri economici esistenti, la socializzazione dei mezzi di produzione, ma promette di realizzare queste trasformazioni nel rispetto della costituzione e della legalità. Non è cosa da poco e lui ne è cosciente al punto di dire che "il nostro esperimento non sarà meno importante della rivoluzione russa". Fantasie? Forse, ma ci credono in molti, anche a Washington.

Dieci giorni dopo il voto cileno, il 15 settembre, alla Casa Bianca si tiene una riunione a cui partecipano il presidente Richard Nixon e il direttore della Cia, Richard Helms. " Una possibilità su dieci - avrebbe detto il presidente secondo gli appunti di Helms ma liberiamo il Cile da quel figlio di puttana! Vale la pena di provarci; noi non saremo impegnati direttamente; nessun contatto con l'ambasciata (Nixon era fuori di sé perché i dispacci da Santiago avevano dato per sicura l'affermazione delle destre, n. d. r); dieci milioni di dollari a disposizione e anche di più se necessario; impiego a tempo pieno per i nostri agenti migliori; una strategia: strozzare l'economia; tempo 48 ore per pianificare l'azione". Un documento, reso pubblico a dicembre '98 dall'amministrazione Clinton, conferma l'autenticità degli appunti. "Il capo - si legge nel promemoria ha sottolineato che il progetto deve essere pronto per il 18 perché Henry Kissinger in persona vuole avere tutti i particolari della missione CIA".

(estratti dall'omonimo articolo di Ugo Bertone pubblicato su STORIA ILLUSTRATA nel giugno 1999 e reperibile integralmente su http://www.ossimoro.it.)