mercoledì 4 settembre 2013

I mille giorni di Allende (quarta parte)

Con una trovata degna di Evita Peròn si annuncia che i migliori alunni della scuola primaria trascorreranno l'estate nel palazzo presidenziale di Viña del Mar, assieme a Salvador. C'è spazio pure per il Palazzo del Matrimonio, in questa stagione di rivincite, culminata nella "Giornata della Dignità Nazionale", il 15 luglio del 1971, quando il congresso approva all'unanimità la nazionalizzazione del rame affidando ad Allende la questione degli indennizzi: le grandi compagnie americane non avranno un solo dollaro. Nel dicembre 1971 il numero di banche e industrie controllate dallo stato è già raddoppiato da 31 a 62, mentre altre 39 imprese risultano requisite in nome della legge che prevede l'intervento pubblico quando non vengano assicurati servizi essenziali alla comunità. Nelle campagne vengono espropriate 1300 proprietà fondiarie.
È una strategia che funziona, in un primo momento. Nell'aprile '71 UNIDAD POPULAR stravince le elezioni comunali, ottenendo la maggioranza assoluta, con il 50,86%. Mai, del resto, i cileni si sono sentiti cosi ricchi: grazie a forti stimoli all'economia il prodotto interno lordo cresce dell'8,6% mentre la disoccupazione si dimezza nel giro di pochi mesi e l'inflazione scende dal 34 al 22 per cento. Crescono i consumi e, di riflesso, le importazioni, ma grazie alle alte quotazioni del rame a fine anni '60, Allende si ritrova in cassa massicce riserve valutarie. Il teorema del ministro del Lavoro Pedro Vuskovic è di una semplicità disarmante: pompare nell'economia tutta la liquidità possibile (il circolante aumenta in un anno del 110%), accrescendo la spesa pubblica (+70%). L'aumento della domanda avrebbe prodotto un aumento della produzione e un parallelo calo della disoccupazione.
Il ciclo virtuoso sembra inattaccabile, ma la luna di miele finisce presto. Già nell'ottobre 1971 gli investimenti sono in caduta libera (-71,3%), nonostante la forte crescita dell'impiego statale. La caduta del prezzo del rame, a causa della congiuntura internazionale (e della pressione delle corporation USA) fa precipitare il valore delle esportazioni proprio quando crescono le importazioni dei beni essenziali: in un anno le riserve crollano da 343 a 32 milioni di dollari, le importazioni di macchinari industriali del 22%. Intanto gli USA sono di parola: grazie alle pressioni sulla Banca Mondiale e sul Banco Interamericano de Desarrollo i crediti passano dai 300 milioni di dollari all'anno dell'era Frei a meno di 30. Non ci sono soldi nemmeno per i pezzi di ricambio: nel 1972 un autobus su tre e un taxi su cinque è fuori uso. Il quadro economico peggiora, inoltre, per l'esodo di massa della borghesia. Nel solo settembre 1970, prima ancora dell'insediamento di Allende, scappano in 12 mila, presto seguiti da altri 17 mila. Negli stessi giorni lasciano le banche cilene 87 milioni di dollari.

(estratti dall'omonimo articolo di Ugo Bertone pubblicato su STORIA ILLUSTRATA nel giugno 1999 e reperibile integralmente su http://www.ossimoro.it.)

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